Bergamo, Pro vita esclusa dal Consiglio delle Donne: «Posizioni contrarie ai nostri diritti»
Non siederà tra i banchi del Consiglio delle Donne di Bergamo alcun rappresentante dell’associazione Pro vita e famiglia onlus. L’assemblea, riunitasi ieri, ha bocciato a maggioranza la domanda di adesione inoltrata dall’associazione, che però ha raccolto 6 voti favorevoli. Raccolti anche tra coloro che, pur non condividendo le opinioni espresse dall’associazione pro-life, avrebbero ritenuto saggio accogliere la richiesta per una maggiore inclusività del Consiglio e per promuovere il dialogo tra realtà diverse. In quindici (soprattutto i rappresentanti di associazioni e gruppi) si sono astenute spiegando di non aver avuto modo di confrontarsi con i propri associati a causa dei tempi ristretti. Altre dodici donne, tuttavia, hanno espresso in modo netto la loro contrarietà all’ingresso di Pro vita e famiglia onlus.
«Guardando alle campagne e all’ideologia che l’associazione promuove sarei incoerente con il mio impegno politico», ha commentato la consigliera del Pd Romina Russo. Che ha ricordato, ad esempio, quando Verona ospitò nel 2019 il «Congresso mondiale delle famiglie», sostenuto dai movimenti ultracattolici di destra (riferimento del neopresidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana). Ma anche i manifesti affissi dall’associazione stessa (e poi rimossi) due anni fa a Bergamo contro l’uso della pillola abortiva RU486. Poster corredati dalla frase «Prenderesti mai del veleno?». Manifestazioni che, per Russo, sono «incompatibili, anzi contrarie ai diritti delle donne». Tesi condivise anche dalla collega dem Oriana Ruzzini: «Il movimento Pro vita ha fatto della lotta all’aborto la sua bandiera. Non si possono fare passi indietro rispetto ai nostri diritti. Lo dico anche da farmacista: chi lotta contro l’aborto non combatte per la salute delle donne, ma lo relega in situazioni di illegalità, promiscuità e scarsa igiene».
Su posizioni opposte la consigliera della Lega Luisa Pecce, che ha parlato di «pareri politicizzati. Quando c’è una discussione in atto su questo tema (l’aborto ndr) il dibattito viene evitato spesso per restare su posizioni preconcette. È importante dimostrare che il Consiglio delle donne accetti nel suo ambito associazioni che si propongono la valorizzazione della donna in aspetti che sono stati trascurati». Contro l’esclusione dell’associazione Pro vita e famiglia si è espresso anche il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Filippo Bianchi, attivista e sostenitore convinto delle posizioni ultracattoliche: «Il Consiglio delle donne, presieduto e partecipato a maggioranza dalle sinistre, si dimostra ancora una volta uno strumento politico di censura, che non tollera il confronto e il pluralismo, ma soprattutto discriminatorio nei confronti dei soggetti e delle iniziative a difesa dei valori della vita e della famiglia».
Fonte: Corriere Bergamo
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