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dalle ondate ad oggi

Le "ondate" del femminismo: dalla metà del XIX al XXI secolo

Manifestazione pre-elettorale a favore del suffragio femminile a New York nel 1915.

«Le "nuove donne", coloro che si sentivano oppresse dalle convenzioni sociali, si stavano facendo avanti nel mondo del lavoro e creavano addirittura i primi movimenti femministi.»

I movimenti femministi non riconobbero "ondate" separate del femminismo fino a quando la "seconda ondata" non venne così nominata dalla giornalista statunitense Martha Weinman Lear, questo secondo Jennifer Baumgardner.

Fu la giornalista Martha Weinman Lear ad introdurre, per la prima volta, la nozione di "onde" femministe, in un articolo del New York Times Magazine nel marzo del 1968. Esso descrisse una nuova ondata, ossia il secondo movimento di combattimento e di stimolo femminista. Le generazioni precedenti vennero poi retroattivamente incluse nella prima ondata.

Poi, nel 1990, l'autrice Rebecca Walker decretò che la nuova generazione apparteneva ad una "terza ondata" e questo termine fu migliore di quello di "femminista post-femminista" utilizzato sempre nel New York Times Magazine. Tuttavia, questa divisione non trova un'unanimità di consensi. Infatti, autrici come Susan Faludi o Eve Ensler fanno notare la difficoltà di categorizzare alcune femministe nella seconda o terza ondata.

Baumgardner riferisce anche le critiche della storica statunitense Roxanne Dunbar-Ortiz della suddivisione del movimento femminista in "ondate" successive e la difficoltà a classificare alcune femministe in onde specifiche, giungendo ad affermare che i principali critici di un'ondata sono probabilmente i membri dell'onda precedente rimasti in vita; concludendo con la considerazione che le onde stanno arrivando sempre più frequentemente e con una maggior velocità.

Il "dibattito sulle ondate" ha influenzato anche gli storici e altri studiosi i quali hanno in tal modo stabilito le cronologie dell'attivismo politico delle donne.

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Prima ondata

L'attività femminista del XIX e dell'inizio del XX secolo nel mondo anglofono riuscì infine a conquistare il suffragio femminile, i diritti relativi all'istruzione femminile, un miglioramento delle condizioni lavorative e infine l'abolizione dei doppi standard di genere; questo attivismo viene conosciuto come "femminismo della prima ondata".

Il termine "prima ondata" venne coniato retrospettivamente quando il termine "femminismo della seconda ondata" venne usato per descrivere un nuovo movimento femminista il quale combatteva le disuguaglianze culturali e sociali oltre che le disuguaglianza politiche di base.

Lo stesso argomento in dettaglio: Origini della guerra di secessione americana § Abolizionismo.

Negli Stati Uniti d'America i leader del movimento femminista lanciarono una campagna nazionale a favore dell'abolizionismo negli Stati Uniti d'America e del proibizionismo, prima ancora di promuovere i diritti delle donne.

Il femminismo negli Stati Uniti d'America coinvolse, nella sua prima ondata, un'ampia gamma di donne, alcune appartenenti a gruppi cristiani riferentesi al conservatorismo (come Frances Willard 1839-1898 e la "Woman's Christian Temperance Union"-Unione Cristiana della Donna per la Temperanza), altri che somigliavano invece più alla diversità e al radicalismo presente in gran parte della seconda ondata femminista(come Elizabeth Cady Stanton 1815-1902, Susan Anthony 1820-1906, Matilda Joslyn Gage 1826-1898 e la "National Woman Suffrage Association"-Associazione nazionale per il suffragio femminile, di cui Stanton fu presidente).

L'attivismo per l'uguaglianza delle donne però non si limitò solo agli Stati Uniti. A metà del XIX secolo Táhirih (1814-1852), poetessa persiana del bábismo, fu attiva anche in qualità di riformatrice religiosa ed è maggiormente ricordata per la sua proclamazione dell'uguaglianza delle donne, che la condusse all persecuzione da parte delle autorità fino a subirne tutte le conseguenze con il martirio. Ispirò tutte le generazioni future di femministe iraniane[.

Louise Dittmar (1807-1884) attuò la campagna per i diritti femminili in terra tedesca nel corso degli anni 1840. Anche se situata leggermente più tardi nel tempo anche la giapponese Fusae Ichikawa (1893-1981) si trovò impegnata nella prima ondata di attiviste femministe nel suo paese, attuando una campagna a favore del suffragio femminile.

Mary Lee (1821-1909) fu attiva nel movimento per il suffragio in Australia Meridionale, la prima colonia australiana che concesse alle donne il voto nel 1894. In Nuova Zelanda Kate Sheppard (1847-1934) e Mary Ann Müller (1819 o 20-1901) lavorarono duramente per far ottenere il diritto di voto alle donne nel 1893.

Negli Stati Uniti la campagna per l'abolizionismo negli Stati Uniti d'America degli anni trenta servì sia come una causa ideologicamente compatibile col femminismo sia come un progetto per l'organizzazione politica femminista successiva. I tentativi massicci di escludere le donne ottennero solamente il risultato di rafforzare le convinzioni femministe nelle donne stesse. Le sorelle Sarah Grimké (1792-1873) e Angelina Grimké (1805-1879) si mossero rapidamente dalla questione dell'emancipazione degli schiavi a quella dell'emancipazione delle donne.

La più influente scrittrice femminista del tempo fu la pittoresca e vivace giornalista Margaret Fuller (1810-1850) la cui opera intitolata Woman in the Nineteenth Century (Donne nel diciannovesimo secolo) venne fatta pubblicare nel 1845. I suoi dispacci e reportage dall'Europa per il New York Tribune contribuirono a creare una sincronizzazione del movimento per i diritti femminili.

Elizabeth Cady Stanton (1815-1902) e Lucretia Mott (1793-1880) si incontrarono nel 1840 mentre si stavano recando a Londra dove furono scacciate in quanto donne dalla leadership maschile della prima "World Anti-Slavery Convention". Nel 1848 parteciparono alla Conferenza di Seneca Falls dove venne redatta una dichiarazione d'indipendenza delle donne, la cosiddetta Dichiarazione dei sentimenti.

Lucy Stone (1818-1893) contribuì ad organizzare la prima "National Women's Rights Convention" (Convenzione nazionale dei diritti delle donne) nel 1850, uno tra gli eventi maggiori del tempo in cui l'afroamericana Sojourner Truth (1797-1883), Abby Kelley Foster (1811-1887) e altri tennero discorsi; ciò spinse Susan Anthony (1820-1906) a sostenere anche la causa dei diritti delle donne.

Nel dicembre del 1851 Truth contribuì al movimento femminista quando si ritrovò a parlare alla "Conferenza delle donne" di Akron (Ohio); declamò il suo potente discorso intitolato "Io non sono una donna" nel tentativo di promuovere i diritti femminili dimostrando la capacità delle donne di svolgere anche compiti tradizionalmente associati agli uomini. Barbara Bodichon (1827-1891) si incontrò con Mott nel 1858, rafforzando in tal maniera il legame intercorrente tra i movimenti femministi transatlantici.

 

Matilda Joslyn Gagelibera pensatrice, sostenitrice dell'abolizionismo negli Stati Uniti d'America e favorevole ai diritti civiliper i nativi americani.

Sia Stanton che Matilda Joslyn Gage (1826-1898) riconobbero la Chiesa cristiana essere un grosso ostacolo ai diritti delle donne e accolsero con favore l'allora emergente letteratura sul matriarcato.

Sia Gage che Stanton produssero opere su questo argomento e collaborarono a La Bibbia della donna (1895-98). Stanton scrisse The Matriarchate or Mother-Age e Gage Woman, Church and State, invertendo in modo inatteso le tesi di Johann Jakob Bachofen esposte nel suo Il matriarcato (1861) aggiungendovi una prospettiva epistemologica unica, la critica dell'obiettività e della percezione soggettiva.

Stanton ebbe ad osservare una volta, per quanto riguardava le ipotesi sulla connaturata inferiorità femminile: "la peggiore caratteristica di queste ipotesi è che le donne stesse vi credono". Tuttavia questo tentativo fatto di sostituire la tradizione teologica impostata sull'androcentrismo con una visione maggiormente improntata al ginocentrismo fece ben pochi passi avanti all'interno di un movimento femminista ancora fortemente impregnato e dominato da elementi religiosi; fu così che Stanton e Gage furono nella gran parte dei casi quasi completamente ignorate dalle generazioni successive.

Nel 1913 la parola "femminismo" era un termine oramai divenuto familiare e di uso comune nelle conversazioni negli Stati Uniti d'America. Questioni importanti negli anni 1910 e 1920 comprendettero il suffragio femminile, l'attivismo politico delle donne, l'economiae l'occupazione, le sessualità e i temi inerenti alla famiglia, la guerra e la pace, oltre che un emendamento costituzionale per l'uguaglianza (l'Equal Rights Amendment). Sia l'uguaglianza sociale che la rivendicazione della differenza furono considerati come percorsi per l'empowerment (processo di crescita) delle donne.

Le organizzazioni in quello scorcio di tempo includevano il "Partito Nazionale della Donna (National Woman's Party); i gruppi di patrocino del suffragio come la National American Woman Suffrage Association e la League of Women Voters: le associazioni professionali come l'American Association of University Women, la "Business and Professional Women's Foundation" e la "Women's Trade Union League" ; i gruppi riconducibili al pacifismo come la Women's international league for peace and freedom e l'International Council of Women; i gruppi focalizzati sul proibizionismo come la Woman's Christian Temperance Union e la "Women's Organization for National Prohibition Reform" (fondato da Pauline Sabin, 1887-1955) e infine le organizzazioni razziali e di genere come la "National Association of Colored Women's Clubs".

I leader e i teorici compresero figure di alto rilievo come Jane Addams (1860-1935, Premio Nobel per la pace nel 1931), l'afroamericana Ida B. Wells (1862-1931), Alice Paul (1885-1977), Carrie Chapman Catt (1859-1947), Margaret Sanger (1879-1966) e infine Charlotte Perkins Gilman (1860-1935).

Il suffragio

«Poiché la natura stessa del sesso femminile rende l'esercizio di questo diritto (il suffragio universale) incompatibile con l'armonia e il benessere della società»

(William Cobbett)

Il diritto di voto per le donne, con la sua rappresentanza legislativa, avrebbe rappresentato un cambiamento paradigmatico in cui le donne non sarebbero più state trattate come cittadini di seconda classe senza alcuna voce. La campagna per il suffragio femminile fu quella più profondamente introiettata degli ultimi 250 anni.

In un primo momento la questione del suffragio venne trattata come una delle priorità minori. La rivoluzione francese contribuì ad accelerare questo argomento con le dichiarazioni fatte dal marchese Nicolas de Condorcet e da Olympe de Gouges e attraverso le donne dei mercati che condussero la Marcia su Versailles nel 1789. Nel 1793 venne fondata la Società delle repubblicane rivoluzionarie la quale, in origine, incluse anche il suffragio delle donne nella sua agenda prima che venisse soppressa alla fine dell'anno.

Le donne tedesche furono coinvolte nel Vormärz, uno stato di eccitazione che fece da preludio alla rivoluzione del 1848. Nella penisola italiana Clara MaffeiCristina Trivulzio di Belgiojoso ed Ester Martini Currica[153] furono politicamente attive negli eventi che portarono al 1848. In Gran Bretagna l'interesse per il suffragio emerse dagli scritti di Anna Wheeler e di William Thompson già nel corso degli anni 1820 e in quelli di Marion ReidHarriet Taylor Mill e Anne Knight (1786-1862) durante gli anni 1840. Lo Stato australiano dell'Australia meridionale è stato il primo paese al mondo a concedere ufficialmente il suffragio universale alle donne.

 
Le suffragette

Le "Signore di Langham Place" costituirono un comitato di suffragio in una riunione del 1866 presso la casa di Elizabeth Garrett Anderson(1836-1917, la prima donna inglese a qualificarsi come chirurgo), rinominato la "Società di Londra per il Suffragio delle Donne" nel 1867.

Presto associazioni simili si diffusero a macchia d'olio in tutto il paese, raccogliendo petizioni e lavorando a stretto contatto con John Stuart Mill. Quando venne negato loro l'accesso ai periodici ufficiali già esistenti, le femministe iniziarono le proprie pubblicazioni, come ad esempio il Women's Suffrage Journal di Lydia Becker (1827-1890) e Jessie Boucherett (1825-1905) nel 1870.

Altre pubblicazioni compresero il The Englishwoman's Review del barrister Richard Pankhurst (1835/6-1898) nel 1866. Le controversie tattiche furono il problema maggiore, assieme alle fluttuazioni interne nelle varie associazioni e gruppi; alcune donne pensarono che avrebbe dovuto essere necessario coinvolgere anche gli uomini (come ad esempio Mill). Mill si ritirò quando il movimento cominciò a diventare più aggressivo dopo ogni delusione subita. La pressione politica contribuì a mantenere aperto il dibattito, ma anno dopo anno il movimento venne sempre sconfitto nel Parlamento del Regno Unito.

Nonostante ciò le donne maturarono un'esperienza politica la quale si tradusse in un lento progresso a livello di governo locale; ma dopo anni di frustrazione molte delle donne divennero sempre più radicalizzate.

Alcune rifiutarono di pagare le tasse attuando così uno sciopero o resistenza fiscale, fino a quando la famiglia di Emmeline Pankhurst (1858-1928) al grido di "Libertà o morte!" non emerse nella sua qualità di influenza dominante del movimento, fondando la "Women's Franchise League" nel 1889 sotto la presidenza di Harriet McIlquham(1837-1910), che cercò di ottenere almeno il suffragio elettorale locale per le donne.

 
Suffragio nel mondo

Nel corso del XIX secolo si svegliarono, come abbiamo già visto, le ambizioni delle donne di entrare nel campo della politica attraverso il diritto di voto. L'isola di Pitcairn fu il primo paese al mondo a permettere alle donne di votare, nel 1838; il territorio è piccolo e l'atto legislativo riguardava solo le donne che avessero compiuto i vent'ann.

Seguì lo Stato americano dello Wyoming nel 1868; poi, nelle isole britanniche, il territorio autonomo della dell'Isola di Man (la prima giurisdizione libera a concedere il suffragio alle donne) nel 1881. Tra gli stati nazionali fu la Nuova Zelanda il primo a riconoscere il suffragio femminile nel 1893, dove per merito di Kate Sheppard venne introdotta la riforma.

Alcuni stati australiani avevano già concesso alle donne il suffragio; questo comprendevano Victoria per un breve periodo (1863-5), l'Australia meridionale nel 1894 e l'Australia occidentale nel 1899. Le donne australiane ricevettero il diritto di voto a livello federale nel 1902, il Granducato di Finlandia nel 1906 e la Norvegia inizialmente nel 1907 (completato nel 1913).

 

Inizi del XX secolo

Nella prima parte del XX secolo, conosciuta anche come Età edoardiana (1901-1910), vi fu un rapido cambiamento nel mondo anglosassone che portò le donne dall'indossare un rigido abbigliamento vittoriano e tendente al compiacimento ad una forma di vestire che oggi possiamo considerare più "pratica"; ma questo stato di cose fu ancora riservato però soltanto a quelle donne che sposavano un uomo ricco.

I libri, gli articoli, i discorsi, le foto e i documenti del periodo mostrano una vasta gamma di tematiche diverse, che potevano andare dalla riforma politica al suffragio discussi pubblicamente. Nei Paesi Bassi per esempio le principali questioni femministe era incentrate sui diritti educativi e di assistenza sanitaria. Le condizioni di lavoro migliorate, la pace e le doppie norme di genere in gran parte smantellate vennero a costituire gli standard generali; le femministe cominciarono a dichiararsi come tali senza troppi proclami.

La carismatica e controversa Emmeline Pankhurst creò la Women's Social and Political Union (Unione Sociale e Politica Femminile, WSPU) nel 1903; come affermò la stessa Emmeline considerarono il voto per le donne non più come "un diritto o un bisogno, ma come una necessità disperata". A livello statale sia l'Australia sia vari Stati federati degli Stati Uniti d'America avevano già concesso il suffragio ad alcune donne. Le femministe statunitensi come Susan Anthony (1820-1906) visitarono la Gran Bretagna nel 1902.

Mentre il WSPU era il gruppo per il suffragio maggiormente conosciuto, era solo uno dei tanti esistenti, ad esempio la "Women's Freedom League" si occupava prevalentemente di uguaglianza di genere, il "National Union of Women's Suffrage Societies" (NUWSS) guidato da Millicent Garrett Fawcett (1847-1929) si aggiunse poco dopo.

Il WSPU rimase in gran parte un affare della famiglia Pankhurst, pur se finanziato esternamente. Christabel Pankhurst (1880-1958) finì col divenirne la figura dominante e riunì tutte le principali amicizie attorno a lei come Annie Kenney(1979-1953), Flora Drummond (1878-1949), Teresa Billington-Greig (1877-1964), Ethel Smyth (1858-1944), Grace Roe e Norah Dacre Fox in seguito conosciuta come Norah Elam (1878-1961). Anche le veterane come Elizabeth Garrett Anderson si associarono.

Nel 1906 il Daily Mail indicò per la prima volta questi gruppi di donne con il neologismo di "suffragette" dandogli una connotazione che rasentava il ridicolo, ma il nuovo termine venne rapidamente abbracciato in tutta la Gran Bretagna per descrivere la forma più militante delle proponenti il suffragio e durante le marce pubbliche cominciarono a portare un distintivo color verde-porpora-bianco; l'emblema venne graficamente prodotto dall'"Artists' Suffrage League".

I colori del WPSU apparvero nei negozi anche nella biancheria intima. Le femministe impararono presto a sfruttare l'arte della fotografia e i mezzi di comunicazione di massa e riuscirono a lasciare vividi documenti visivi come le immagini fotografiche dei leader. Mentre il movimento guadagnò slancio e profondità le divisioni interne finirono col separare i primi leader dai membri più radicali; tali divisioni furono solitamente un fatto ideologico o tattico. Anche la sorella di Christabel, Sylvia Pankhurst (1882-1960), finì con l'essere espulsa.

Le proteste diventarono, man mano che il tempo passava, sempre più violente, includendovi molestie e incidenti fisici, il colpire le porte delle case, rompere vetrine fino ad arrivare all'incendioEmily Davison, un membro del WSPU, giunse inaspettatamente sulla pista durante l'"Epsom Derby" del 1913 e morì sotto le zampe del cavallo del re Giorgio V del Regno Unito. Queste tattiche anche violente produssero risultati misti di simpatia e di rifiuto.

Quando le prime donne cominciarono ad essere arrestate mentre protestavano, presero ad attuare lo sciopero della fame - e tramite la "Prisoners (Temporary Discharge for Ill Health) Act 1913" - si introdusse l'alimentazione forzata; il governo si trovò in una situazione alquanto imbarazzante. Da tutte queste azioni politiche le suffragette crearono con notevole successo una vasta pubblicità intorno al loro movimento il quale enunciava la discriminazioneistituzionale e il sessismo.

 

Prima metà del XX secolo

«Si celebra la Musa, la Madonna sempre vergine, la Compagna e la Madre. Il fascismo italiano pone sul piedistallo la "Mamma", il nazionalsocialismo la ragazza di pura razza ariana la quale dona il proprio corpo al Führer; il regime di Vichy impedisce alle donne l'accesso al lavoro nella funzione pubblica, introduce l'insegnamento scolastico dei lavori domestici e istituisce la grande "Festa delle Madri".»

 

Le donne entrarono prepotentemente nel mercato del lavoro durante la prima guerra mondiale con numeri senza precedenti, spesso in nuovi settori e scopersero così il valore del proprio lavoro. La guerra lasciò anche un gran numero di donne afflitte dalla vedovanza e con una perdita netta di reddito familiare. La gran quantità di uomini uccisi e feriti spostò la composizione demografica. Ma guerra divise anche i gruppi femministi, con molte donne che vi si opponevano e altre che rimasero coinvolte nella campagna della "piuma bianca" (una forma di patriottismo).

Studiose femministe come la storia Françoise Thébaud e Nancy F. Cott notano in alcuni paesi una forte reazione conservatrice alla "Grande Guerra", citando a rinforzo della loro tesi immagini e letterature tradizionali le quali promossero la meternità. L'aspetto di questi tratti in tempo di guerra è stato denominato la "nazionalizzazione delle donne".

Nel periodo interbellico combatterono l'opposizione data dalla discriminazione introdotta dall'establishment. Nel suo Una stanza tutta per sé del 1929 Virginia Woolf descrisse l'entità della sfida e la sua frustrazione allo spreco di tanti talenti femminili. In quest'epoca la parola "femminismo" era in uso, ma con una connotazione negativa da parte dei mass-media, che scoraggiavano le donne ad identificarsi come tali.

Nel 1938 Woolf scrisse del termine in Le tre ghinee: "una vecchia parola... che ha fatto molto danno nei suoi tempi e che è ormai obsoleta". Quando Rebecca West, un'altra scrittrice inglese di rilievo, venne attaccata per essere una "femminista" Woolf la difese. La storia femminista occidentale fino a questo momento è forse meglio riassunta nel suo commento: "io stessa non sono mai stata in grado di scoprire esattamente ciò che è il femminismo; so solo che le persone mi chiamano una femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano dall'essere uno zerbino. Una prostituta".

La scrittura di Woolf esaminò anche i costrutti di genere e rappresentò positivamente la sessualità lesbica. Nel corso degli anni venti gli stili e gli atteggiamenti non tradizionali delle flapper divennero popolari tra le donne statunitensi e britanniche.

Fantascienza femminista

All'inizio del XX secolo la "fantascienza femminista" emerse come un sottogenere della fantascienza classica che si occupava dei ruoli femminili nella società.

Le scrittrici femministe del movimento letterario utopistico-distopico al momento della prima ondata femminista affrontarono e si occuparono spesso del problema del sessismo. Charlotte Perkins Gilman lo fece con Herland (1915); mentre il Sultana's Dream fu scritto dalla femminista musulmana bengalese la Begum Rokeya Sakhawat Hossain(1880-1932); esso descrive una purdah invertita di genere in un mondo futuristico.

Durante gli anni venti scrittrici quali Clare Winger Harris (1891-1968) e Gertrude Barrows Bennett (1883-1948) fecero pubblicare storie di fantascienza scritte a partire da una prospettiva femminile e occasionalmente affrontarono argomenti di genere e di sessualità, mentre popolarmente i Pulp magazine durante gli anni venti e trenta esagerarono la mascolinità assieme ai ritratti più stereotipati e sessisti delle donne.

Nel corso degli anni sessanta la fantascienza arrivò a combinare il sensazionalismo con le critiche politiche e tecnologiche della società. Con l'avvento del femminismo i ruoli femminili vennero interrogati approfonditamente in questo "genere sovversivo ed espansivo della mente".

La fantascienza femminista pose domande su questioni sociali, su come la società a costruire il ruolo di genere, su come la riproduzione sessuata definisce la sessualità, su come il potere politico rispettivamente degli uomini e delle donne continui ad essere fortemente diseguale. Alcune delle più notevoli opere femministe di fantascienza illustrarono questi temi utilizzando l'utopia, per poter esplorare quelle società in cui non esistessero differenze di genere o squilibri di potere di genere e distopie per esplorare mondi dove le disuguaglianze di genere si esaltano, affermando così la necessità di continuare il lavoro femminista.

 

Riforma elettorale

Tramite la "Representation of the People Act 1918" il Regno Unito concesse il voto quasi universale agli uomini e il suffragio alle donne oltre i trent'anni di età. La "Representation of the People (Equal Franchise) Act 1928" estese il suffragio paritario sia agli uomini sia alle donne; così facendo psotò anche il compito socioeconomico dell'elettorato verso la classe operaia, favorendo in tal maniera il Partito Laburista il quale risultava essere maggiormente simpatetico riguardo alle questioni femminili.

Le elezioni immediatamente successive diedero ai laburisti la maggioranza dei seggi al Parlamento del Regno Unito; le riforme elettorali attuate permisero anche alle donne di potersi candidare. Christabel Pankhurst non riuscì ad ottenere un seggio nel 1918, ma già l'anno seguente e nel 1920 sia la viscontessa Nancy Astor che Margaret Wintringham(1879-1955) vinsero rispettivamente per il Partito Conservatore e il Partito Liberale, sostituendo i propri mariti e occupandone i posti. I laburisti riuscirono ad interromperne la carriera nel 1924.

Constance Markievicz (1868-1927) per Sinn Féin fu la prima donna eletta in Irlanda nel 1918 ma, nella sua qualità di nazionalista irlandese, si rifiutò di occuparne il posto. La proposta di Astor di organizzare una "festività femminile" nel 1929 non ebbe successo e ancora nel 1940 sedevano sugli scranni parlamentari solamente 12 donne.

Le donne si guadagnarono una notevole esperienza personale nel corso degli anni seguenti, anche grazie ad una serie di governi di minoranza i quali assicurarono elezioni quasi annuali. Anche l'affiliazione con i laburisti si rivelò un problema per la "National Union of Women's Suffrage Societies" (Unione Nazionale delle Società per la Parità di Cittadinanza, NUWSS), che aveva ben poco sostegno tra i conservatori. Tuttavia le loro persistenza venne premiata quando uno dei Primi ministri del Regno UnitoStanley Baldwin, non portò alla promulgazione della "Representation of the People (Equal Franchise) Act 1928".

Le donne europee hanno ricevuto il diritto di voto in Danimarca e in Islanda nel 1915 (con suffragio pieno nel 1919), in Russia nel 1917, in AustriaRepubblica di Weimar e Canada nel 1918, in molti paesi tra cui i Paesi Bassi nel 1919, in CecoslovacchiaTurchia e Sudafrica nel 1930. Le donne francesi non hanno ricevuto il voto fino al 1945 e quelle italiane fino al 1946. Il Liechtenstein è stato uno degli ultimi paesi al mondo a concedere il voto ale donne, nel 1984.

Riforma sociale

«La molestia sessuale faceva parte della vita quotidiana nelle officine tessili, che raccoglievano la maggior parte del lavoro femminile: non avevano né indipendenza salariale (la paga veniva versata direttamente al capofamiglia) né identità professionale.»

Il cambiamento politico non mutò anche immediatamente le circostanze sociali. Con la recessione le donne furono da subito il settore maggiormente vulnerabile della forza lavoro; alcune che avevano occupato dei posti nel settore dell'occupazione prima della guerra furono obbligate a ritirarsi a causa dei soldati di ritorno dal fronte, mentre altre vennero semplicemente licenziate come eccedenti.

Con un franchising limitato il "National Union of Women's Suffrage Societies" (NUWSS) si trasformò in una nuova organizzazione chiamata "National Union of Societies for Equal Citizenship" (NUSEC) la quale sostenne ancora la parità di franchise, ma estese anche il suo campo di applicazione per esaminare le uguaglianza nelle aree sociali ed economiche.

La riforma legislativa venne ricercata per far abolire le leggi discriminatorie ancora vigenti (ad esempio il diritto di famiglia e le questioni inerenti alla prostituzione) oltre che sulle differenze esistenti tra uguaglianza ed equità, accordi che avrebbero consentito alle donne di superare gli ostacoli e le barriere all'esecuzione di uguaglianza ed equità (noti negli anni successivi come "uguaglianza contro le differenze della differenza".

Eleanor Rathbone (1872-1946), che divenne membro del parlamento britannico nel 1929, successe a Millicent Garrett Fawcett alla presidenza del NUSEC nel 1919; ella espresse la necessità critica di considerare la differenza nei rapporti di genere come "ciò che le donne devono soddisfare nelle potenzialità delle proprie nature". Le riforme sociali del governo laburista del 1924 crearono una divisione formale, dato che nel maggio del 1926 un gruppo scismatico di rigorosi egualitari costituì l'"Open Door Council". Questo divenne finalmente un movimento internazionale che proseguì i suoi lavori fino al 1965.

Altre importanti normative sociali di questo periodo compresero la "Sex Disqualification (Removal) Act 1919", che aprì le libere professioni alle donne, e la "Matrimonial Causes Act 1923" (legge sul diritto matrimoniale). Nel 1932 NUSEC separò il suo lavoro di patrocinio dall'istruzione e continuò le attività precedenti come "National Council for Equal Citizenship" (Consiglio nazionale per la parità di cittadinanza) e quest'ultimo poi come "Townswomen's Guilds" (Gilda dei cittadini, TG). Il Consiglio continuò la propria opera fino al termine della seconda guerra mondiale.

 

Diritti riproduttivi

«Si pose così il problema del controllo delle nascite, di cui il pastore protestante Thomas Robert Malthus fu l'angosciato interprete e il neo-malthusianesimo l'elaboratore moderno, votato alla causa dell separazione della sessualità dalla procreazione. Le ragazze-madri, sedotte e abbandonate, invasero i reparti di maternità degli ospedali e divennero - insieme con i loro figli illegittimi - le eroine dei romanzi popolari. Il parto rimaneva una delle principali cause di mortalità femminile.»

Le leggi dell'epoca impedirono alle femministe di discutere e affrontare i diritti riproduttiviAnnie Besant fu giudicata e condannata ai termini dell'"Obscene Publications Act 1857" mel 1887 per aver fatto pubblicare i risultati filosofici di Charles Knowlton initolati Fruits of Philosophy, un'opera incentrata sulla pianificazione familiare e la contraccezione, in quanto risultante essere una "pubblicazione oscena".

Knowlton venne precedentemente condannato anche negli Stati Uniti d'America per la stessa ragione. Besant e il suo collega Charles Bradlaugh vennero in seguito assolti in giudizio. La pubblicità conseguente contribuì a determinare un calo del tasso di natalità in tutto il Regno Unito. Besant più tardi scrisse anche The Law of Population.

«L'infanticidio e l'aborto compensavano i fallimenti di una contraccezione preventiva del tutto approssimativa. Dall'Inghilterra cominceranno a diffondersi l'uso del profilattico, assieme a spugne assorbenti e lavande spermicide: stava per iniziare la prima "generazione consapevole". "Non riproducetevi, producete meglio" gridava la pacifista tedesca Helene Stöcker: "Amore libero e senza rischi"»

 

Negli Stati Uniti Margaret Sanger venne perseguitata per il suo libro Family Limitation ai termini delle "Comstock laws" nel 1914 e fu costretta a fuggire in Gran Bretagna fino a quando non fu sicura di poter tornare. Il lavoro di Sanger venne perseguito anche nelle isole britanniche; qui fece la conoscenza con Marie Stopes la quale non fu mai condannata anche se regolarmente denunciata per la sua promozione del controllo delle nascite. Nel 1917 Sanger inizio la pubblicazione stabile del suo giornale Birth Control Review.

Nel 1926 Sanger arrivò a tenere una conferenza sul controllo delle nascite rivolta alle donne ausiliarie del Ku Klux Klan a Silver Lake nel New Jersey, che definì un'"esperienza strana". La costituzione dell'"Abortion Law Reform Association" nel 1936 fu un fatto che risultò essere ancora più controverso. La sanzione britannica per il reato di aborto era già stata ridotta dalla pena di morte all'ergastolo tramite la "Offences against the Person Act 1861", anche se alcune eccezioni vennero consentite nell'"Infant Life (Preservation) Act 1929".

Dopo le accuse formulate dall'esperto di ginecologia Aleck Bourne nel 1938 sui pericoli conseguenti agli aborti clandestini un Comitato apposito presieduto dal barone Norman Birkett nel 1939 formulò tutta una serie di raccomandazioni volte a favorire una riforma, che però vennero tutte accantonate allo scoppio della seconda guerra mondiale, insieme a molte delle altre maggiori questioni femminili.

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Seconda ondata

«Il progresso scientifico e tecnologico favorì l'emancipazione delle donne. L'ostetricia prima e l'ospedalizzazione del parto avrebbe fatto diminuire sensibilmente la mortalità materna: diminuendo il numero di parti grazie alla contraccezione le donne risparmiarono anche le proprie vite, affrancandosi così dai rischi di una morte precoce. L'altra grande rivoluzione è stata quella prodotta dall'invenzione della pillola anticoncezionale: ma l'idea di renderle padrone della propria fertilità ripugnò a molti medici, così come alla Chiesa cattolica, allo Stato e alla morale comune»

 

Il femminismo della seconda ondata individua un periodo di attività femminista svoltasi degli inizi degli anni sessanta fino al termine degli anni ottanta, che videro inestricabilmente collegate le disuguaglianze culturali e politiche. Il movimento incoraggiò le donne a comprendere quegli aspetti della loro vita personale in una maniera profondamente politicizzata, visti come riflessi di una struttura di potere volta inestricabilmente verso il sessismo.

Mentre le femministe della prima ondata si concentrarono su alcuni diritti delle donne assoluti come il suffragio femminile, le femministe della seconda ondata si concentrarono su altre questioni di uguglianza culturale, come il porre fine una volta per tutte alla discriminazione.

Betty Friedan, la mistica femminile e la liberazione femminile

Nel 1963 la pubblicazione di La mistica della femminilità per opera di Betty Friedan (1921-2006) divenne la voce per il malcontento e il disorientamento che le donne sentivano per essere state accantonate in posizioni di occupazioni casalinghe e familiari dopo esser riuscite ad ottenere almeno un diploma. Nel testo Friedan esplorò le radici del cambiamento dei ruoli femminili dalla forza lavoro essenziale durante la seconda guerra mondiale allo status di casalinga e madre nell'immediato dopoguerra e valutò le forze che condussero questo cambiamento nella percezione dei ruoli femminili.

Nel corso del decennio successivo il movimento di emancipazione femminile attraverso "Women's Liberation" divenne una frase e un concetto comuni.

L'espressione "liberazione femminile" è talvolta usato per riferirsi al femminismo nel corso della sua storia, ma il termine è divenuto di diffusione popolare solo recentemente.

Il concetto di "liberazione" venne associato alle aspirazioni femministe già a partire dal 1895; appare in seguito nel contesto della "liberazione delle donne" nel 1949 con Il secondo sesso della filosofa francese Simone de Beauvoir (1908-1986), comparendo poi nella sua traduzione inglese nel 1953. La frase "liberazione femminile" fu utilizzata per la prima volta nel 1964, in stampa nel 1966. L'equivalente francese, "libération des femmes", risale al 1911.

La frase "liberazione delle donne" venne utilizzata nel 1967 dal movimento studentesco statunitense Students for a Democratic Society, che tenne una discussione sul tema. Nel 1968 la frase "Fronte di liberazione delle donne" apparve per la prima volta all'interno della rivista Ramparts e cominciò presto a far riferimento al movimento femminista nel suo complesso.

Chicago le donne disilluse dalla New Left s'incontrarono separatamente nel 1967 e fecero pubblicare Voice of the Women's Liberation Movement (Voce del Movimento di Liberazione Femminile) nel marzo del 1968. Quando il concorso di Miss America si svolse ad Atlantic Citynel settembre di quell'anno i mezzi di comunicazione di massa fecero riferimento, dandogli un ampio risalto, alle manifestazioni che ne derivarono come ispirate da "Women's Liberation". La "Chicago Women's Liberation Union" venne costituito nel 1969.

Gruppi simili con titoli simili apparvero in molte parti degli Stati Uniti d'America; l'incendiare il reggiseno, anche se come atto puramente fittizio, si associò al movimento e i media presto coniarono ulteriori termini come "libber", anche se "Women's Liberation" riuscì a persistere sugli altri termini rivali del nuovo femminismo, catturò l'immaginazione popolare e rimase nel tempo accanto al vecchio termine "Women's Movement".

Il femminismo, la sua teorizzazione e il suo attivismo nel corso degli anni sessanta vennero informati e alimentati dal clima sociale, culturale e politico di quel decennio. Questa volta fu caratterizzato da una maggior partecipazione femminile all'istruzione superiore, oltre che con l'istituzione di corsi di studi accademici sulle donne e con dipartimenti d'ideologia femminista in altri settori connessi come la politica, la sociologia, la storia e la letteratura. Questo cambiamento accademico negli interessi mise fortemente in discussione lo status quo. i suoi standard e soprattutto la sua autorità.

L'ascesa del movimento di liberazione delle donne rivelò ben presto l'esistenza di "femminismi multipli" o diverse lenti femministe sottostanti, anche a causa delle differenti origini dalle quali i vari gruppi si erano venuti a formare e intersecarsi, oltre che per la complessità e la contraddittorietà dei problemi affrontati.

bell hooks (1952- ) è nota per essere un'importante critica del movimento, innanzitutto per la sua mancanza di voce data alle donne più oppresse, per la mancanza di enfasi sulle disuguaglianze razziali e di ceto sociale, infine per la distanza assunta nei confronti delle tematiche che maggiormente dividono le donne stesse.

Italia anni sessanta-settanta

Nel corso di questi due decenni le militanti femministe italiane non mancarono di criticare le attiviste degli anni precedenti, ma così si trovarono molte volte in contrapposizione diretta tra di loro.

Spesso associate con i movimenti della New Left e tentate, secondo i loro avversari, dall'estrema sinistra (vedi Movimento del '77, si trovarono invece anche a volte inserite in partiti politici meglio integrati nella politica classica.

L'Unione donne italiane, legata soprattutto al partito comunista italiano e al partito socialista italiano, ebbe un'opinione piuttosto negativa nei confronti di questo movimento. Tuttavia le divisioni gradualmente diminuirono e quelle che originariamente erano state considerato come richieste estreme finirono con l'essere recuperate dagli stessi partiti ufficiali.

Il Referendum abrogativo del 1974 in Italia vide la vittoria della legge sul divorzio, mentre i Referendum abrogativi del 1981 in Italia videro il trionfo della legalizzazione dell'aborto.

 

Scrittrici femministe

Autorizzate da La mistica della femminilità le nuove attiviste femministe degli anni settanta affrontarono maggiormente le questioni politiche e sessuali nella loro scrittura, inclusa la rivista Ms. di Gloria Steinem (1934- ) e il libro Sexual Politics di Kate Millett (1934- ). L'indagine spietata di Millett sugli scrittori maschi, i loro atteggiamenti e le loro preoccupazioni, volle dimostrare che il sesso è anche politica e che la politica raffigura sempre il potere squilibrato nei rapporti di genere.

The Dialectic of Sex della canadese Shulamith Firestone (1945-2012) descrive una rivoluzione basata sul marxismo riferita come "La guerra del sesso". Considerando i dibattiti svolti sul patriarcato ella sostenne che la dominazione maschile era oramai una questione datata "oltre la storia registrata nello stesso regno animale". Ora il femminismo era entrato anche nel Dizionario.

L'eunuco femmina dell'australiana Germaine Greer (1938- ), Women's Liberation and the New Politics della britannica Sheila Rowbotham(1943- ) e Woman's Estate della psicanalista neozelandese Juliet Mitchell (1940- ) rappresentano la prospettiva anglofona. Mitchell sostenne che il movimento avrebbe dovuto essere visto come un fenomeno internazionale con manifestazioni diversificate basate sulla cultura locale.

Le donne britanniche si avvicinarono alla sinistra politica e organizzarono piccoli gruppi di discussione locali, in parte attraverso il "London Women's Liberation Workshop" e le sue pubblicazioni come Shrew e la newsletter LWLW. Sebbene vi fossero anche delle manifestazioni la messa a fuoco rimase sulla sensibilizzazione o sull'attivismo politico destinato a portare una causa o una condizione specifica all'attenzione di un pubblico sempre più ampio.

 

Kathie Sarachild (1943- ) con il gruppo del femminismo radicale "Redstockings" ebbe a descrivere la sua funzione precipua nell'azione che le donne "trovino quello che prima pensavano fosse un dilemma individuale come invece una situazione sociale". Le donne scopersero che le loro esperienze eminentemente personali fossero in realtà informazioni che avrebbero potuto trovare fiducia nella formulazione di analisi politiche generali.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, le frustrazioni femminili si cristallizzarono attorno alla mancata ratifica dell'Equal Rights Amendment nel corso degli anni settanta. Il libro del 1975 Against Our Will (Contro la nostra volontà) della giornalista Susan Brownmiller (1935- ) introdusse un programma esplicito contro la violenza maschile, in particolare la violenza sessuale maschile, in un trattato sullo stupro. La sua affermazione secondo cui "la pornografia è la teoria e lo stupro è la pratica" produsse sensi di colpa profondi intorno ai concetti di oggettivazione e di mercificazione dei valori spirituali della donna. L'altro grande libro di Brownmiller, In our Time (2000) è invece una storia della liberazione femminile.

Infine, da menzionare come contributo originale, vi è anche lo SCUM Manifesto (Manifesto per l'eliminazione dei maschi) di Valerie Solanas datato 1967.

Unità del femminismo occidentale

Mentre l'obiettivo principale della prima ondata femminista fu quello del raggiungimento della parità di diritti giuridico-civili tra uomini e donne la seconda ondata, anche se non si limitò a questo, si concentrò fondamentalmente sul tema del corpo delle donne e sul diritto a disporne liberamente; pertanto i problemi legati alla libertà sessuale, alla contraccezione e all'aborto divennero centrali. Ogni paese occidentale ebbe una sua propria organizzazione femminista e le sue particolari lotte, ma gli scambi, attraverso il flusso di informazioni condussero ad un'unità internazionale. Così sia nell'Europa occidentale che in America del Nord grandi campagne vennero effettuate per il riconoscimento del diritto all'aborto.

Come già accennato anche la questione della violenza sessuale costituì uno dei punti fondanti che riunì tutte le femministe e, in molti paesi occidentali, si basò essenzialmente sulle pratiche di difesa, protezione e cura per le donne violentate. L'unità internazionale apparve in occasione di eventi come l'8 marzo 1976 quando un "Tribunale internazionale dei crimini contro le donne" venne istituito a Bruxelles; più di 2.000 donne testimoniarono su casi di incestoescissione della clitoride e, più in generale, sulla violenza contro le donne subita a causa del loro sesso.

Una tale unità non fu il risultato della negazione dell'esistenza di opinioni politiche decisamente opposte (il femminismo socialista, il femminismo marxista, il femminismo radicale, l'anarco-femminismo ecc), ma semmai la csocienza comune della necessità di una lotta universale contro una società rimasta profondamente ancorata al sessismo.

La seconda ondata del femminismo si concluderà negli Stati Uniti d'America nei primi anni ottanta con le polemiche anche assai riguardanti i temi della sessualità (le cosiddette guerre sessuali femministe), in attesa dell'inizio della terza onda nei primi anni novanta.

Posizioni femministe nei riguardi della pornografia

Susan Griffin (1943- ) fu una delle prime femministe a scrivere sulle implicazioni della pornografia nei suoi aspetti sociologici nel suo libro del 1981 Pornography and Silence: Culture's Revenge Against Nature. Al di là delle posizioni di Brownmiller e Griffin, Catharine MacKinnon(1946- ) e Andrea Dworkin (1946-2005) influenzarono i dibattiti e l'attivismo intorno alle questioni della pornografia e della prostituzione, in particolare alla Corte suprema del Canada.

 

MacKinnon, un'avvocata, ebbe a dichiarare "essere violentate ed essere di sesso femminile fa parte del processo quotidiano di andare incontro alla vita". Ella provò a spiegare la molestia sessuale dicendo che "non significa che tutti vogliono scoparci, vogliono solo farci del male, dominarci e controllarci, per questo ci stanno scopando".

Alcuni videro il femminismo radicale come l'unico movimento che fosse veramente capace di esprimere tutto il dolore costituito dall'essere una donna in una società ancora fortemente sbilanciata verso la disuguaglianza, in quanto ritrasse quella realtà con le esperienze dirette dei colpevoli e delle violate, un fatto che vorrebbe sempre avere la pretesa di essere la norma. I critici, tra cui anche alcune femministe, libertari civili e giuristi, trovarono invece questa posizione alquanto scomoda e alienante.

Questo approccio evolvette fino a trasformare la ricerca e la prospettiva sullo stupro da un'esperienza esclusivamente individuale ad un problema eminentemente sociale.

Teoria femminista

La storica della sessualità e di studi di genere Nancy F. Cott (1945- ) contraddistingue il femminismo moderno e i suoi antecedenti, in particolare la lotta per il suffragio femminile, affermando che nei due decenni che precedettero la promulgazione nel 1920 del XIX emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America il movimento privilegiò la differenziazione sociale, l'attenzione all'individualità e alla diversità; mentre le nuove questioni riguardarono più il sesso come un costrutto sociale, l'identità di genere e le relazioni tra i generi.

Politicamente, ciò rappresentò il passaggio da un confortevole allineamento ideologico con il diritto vigente, con uno più radicalmente associato alla sinistra politica.

Nell'immediato secondo dopoguerra Simone de Beauvoir (1908-1986) si oppose con forza alla norma che voleva la "donna nella casa"; ella introdusse una dimensione esistenziale al femminismo con la pubblicazione di Il secondo sesso nel 1949. Mentre fu meno attivista rispetto al suo lavoro di filosofa e romanziera, firmò comunque uno dei manifesti del "Mouvement de Libération des Femmes ".

Il femminismo della seconda ondata venne anche caratterizzato da una teoria femminista che si accompagnò all'azione; benché già nei decenni precedenti le autrici militanti produssero testi importanti, fu negli anni settanta che si vide uno sbocciare significativo di riflessioni che cercarono di comprendere le cause della riduzione in schiavitù delle donne avvenuta nei secoli precedenti. Ciò si tradusse in un'analisi serrata del patriarcato al fine di comprendere e combattere gli strumenti del suo potere.

La rinascita dell'attivismo femminista alla fine degli anni sessanta è stata accompagnata da tutta una letteratura di ciò che potrebbe essere considerata come relativa alle questioni associate alle donne, come le preoccupazioni concernenti la sopravvivenza del pianeta Terra e quelle associate al pacifismo, alla spiritualità (vedi teologie femministe) e all'attivismo con matrice risalente all'ecologismo.

L'atmosfera che ciò ha creato ha rilanciato lo studio e il dibattito sulla "matricentricità" come rifiuto del determinismo, come viene rappresentato ad esempio da Adrienne Rich (1929-2012) in Of Woman Born e da Marilyn French (1929-2009) in Beyond Power. Per le esponenti del femminismo socialista, come Evelyn Reed (1905-1979) , il potere patriarcale ha mantenuto saldamente nelle sue mani il capitalismo - fin dalle sue fondamenta - attraverso la proprietà privata.

Altre opere importanti che comparvero in quegli anni furono i già citati Sexual Politics di Kate Millett (nel 1969) e The Dialectic of Sex: The Case for Feminist Revolution di Shulamith Firestone (nel 1970). Per tutto questo periodo due gruppi, il femminismo radicale e il femminismo marxista, si oppongono sulla questione dell'autonomia che avrebbe dovuto avere il movimento femminista nell'ambito del marxismo.

Ma la lotta politica fu ben lungi dall'essere l'unico oggetto di studio delle teoriche femministe le quali s'interessarono ad aspetti della vita quotidiana spesso trascurati fino ad allora, primo fra tutti il campo della sessualità, poi il posto delle donne nella storia ed anche la condivisione del lavoro domestico.

Le femministe, per progettare le loro teorie partirono dall'esperienza diretta delle donne, ma si basarono anche sulle varie analisi della società forgiatesi nel corso del XIX secolo, come la psicoanalisi, la sociologia e nella seconda metà del XX secolo le analisi accademiche come lo strutturalismo e il post-strutturalismo.

Ann Taylor Allen (1944- ) descrive infine le differenze tra il collettivo pessimismo maschile dei più importanti intellettuali maschi come Ferdinand TönniesMax Weber e Georg Simmel all'inizio del ventesimo secolo rispetto all'ottimismo delle loro controparti femminili, ma i cui contributi sono però stati in gran parte ignorati dagli storici sociali dell'epoca.

Femminismo in crisi e sua critica

Nella metà degli anni ottanta il femminismo appare come in un periodo di trasformazione. Le lotte degli anni settanta permisero progressi significativi in materia di diritti delle donne. Il femminismo sembra essere oramai istituzionalizzato di modo che le giovani donne non sono più interessate al movimentismo affermando di godere dei progressi conquistati dalle lotte delle generazioni precedenti.

Allo stesso tempo la società occidentale assistette ad una critica proveniente dall'antifemminismo ben evidenziata da Susan Faludi (1959- ) nel suo libro del 1991 Backlash: The Undeclared War Against American Women (Backlash, la guerra fredda contro le donne). Le donne, dopo anni di lotta, non avrebbero in realtà guadagnato nulla: il femminismo ha trasformato le relazioni di genere per la sfortuna di entrambi i sessi e le donne sarebbe sole piuttosto che indipendenti e costrette a rinunciare alla maternità per mantenere la propria posizione lavorativa così faticosamente guadagnata. Il femminismo, piuttosto che il sistema sociale dominante, sarebbe responsabile per le disgrazie delle donne.

Faludi mette in evidenza il fascismo ancora imperante in cui la vittima è pur sempre una donna. Perché in questa nuova società in cui le donne hanno diritti conquistati, il tradizionale luogo dell'uomo non è più stabilito, pertanto il discorso antifemminista tende a tornare alla questione del ruolo della casalinga. Messaggi di trasformazione nelle arti, quali film, o nei media mirano a dare un'immagine della femminilità ancora soggetta ad un modello che è infine nient'altro che una variante del vecchio. La donna deve essere attraente, in modo da ben presentare alle avances del sesso maschile e, finalmente realizzata, quando diventa madre.

Era sovietica

Durante i 70 anni di epoca sovietica i ruoli femminili erano complessi. Le donne nelle Russia Sovietica sono diventate una parte fondamentale nella mobilitazione nella forza-lavoro e questa apertura delle donne in settori precedentemente irraggiungibili hanno permesso opportunità di istruzione, sviluppo personale e formazione. La responsabilità femminile in settori come quello industriale ha significato idealmente che ella era una persona che occupava le sue quote di lavoro, che non si lamentava mai e che faceva di tutto per migliorare l'Unione Sovietica. Queste aspettative nei loro confronti erano un'aggiunta agli standard richiesti in ambito domestico.

L'uguaglianza giuridica delle donne e degli uomini è stata fondata durante la rivoluzione d'ottobre del 1917. Lenin ha visto le donne principalmente come una forza di lavoro precedentemente inutilizzata ed in questo senso ha incoraggiato le donne a partecipare alla rivoluzione comunista. Ebbe a tal proposito a dichiarare: "I piccoli lavori domestici schiaffeggiano, strangolano, sgonfiano e degradano [la donna], le catene della cucina e del vivaio la sprecano in una barbarie improduttiva, con pettegolezzi, nervosismo e schiacciamento sociale".

Le donne, che dovevano essere inizialmente prive di libertà nei confronti degli uomini, ora potevano acquisire i propri diritti di liberazione attraverso la concessione dell'accesso al campo produttivo: il numero di donne che entravano nella forza lavoro è passato da 423.200 nel 1923 a 885 mila nel 1930. Per raggiungere questo significativo aumento femminile nella forza lavoro, il nuovo governo comunista ha emesso il suo primo codice familiare; questo ha separato il matrimonio dalla Chiesa (comunità), ha permesso ad una coppia di scegliere un cognome, ha dato ai figli illegittimi gli stessi diritti di tutti gli altri, ha promosso i diritti di maternità, la protezione sanitaria e la sicurezza sul lavoro ed infine ha permesso alle donne di avere diritto al divorzio se ve ne fossero stati motivi adeguati.

Nel 1920 il governo sovietico legalizzò l'aborto. Anche legislazioni sul lavoro hanno aiutato le donne; hanno ottenuto difatti uguali diritti in materia assicurativa in caso di malattia, il congedo di maternità retribuito di otto settimane e uno standard di salario minimo fissato sia per gli uomini che per le donne. Ad entrambi i sessi è anche stato concesso un congedo di vacanza retribuito.

 

Nei primi anni dell'Unione Sovietica viene promossa l'immagine di donne forti e uguali agli uomini (1931).

Tutte queste misure sono state messe in atto per produrre una forza lavoro di qualità da parte di entrambi i sessi. Mentre la realtà era che a non tutte le donne sono stati concessi tali diritti, hanno però stabilito un precedente rispetto ai sistemi tradizionali dell'imperialismo russo.

Per sovraintendere a questo codice e alla libertà delle donne il partito comunista ha creato un dipartimento specializzato femminile chiamato Ženotdel. Il dipartimento ha prodotto una propaganda che incoraggiava un numero sempre maggiore di donne a far parte della popolazione urbana e del partito rivoluzionario comunista.

Gli anni '20 sperimentarono dei cambiamenti soprattutto nei centri urbani in questini di politica familiare, della sessualità e dell'attivismo politico delle donne. La creazione della "nuova donna sovietica" che era auto-sacrificante e dedicata anima e corpo alla causa rivoluzionaria ha aperto la strada alle rivendicazioni delle donne a venire.

Nel 1925, con il numero dei divorzi in aumento, il Ženotdel creò un secondo piano familiare, proponendo un matrimonio comune per le coppie che vivevano insieme. Tuttavia, solo un anno dopo, il governo ha creato una legge matrimoniale come reazione ai matrimoni de factoche causavano disuguaglianza per le donne. A seguito dell'attuazione politica del nuovo piano economico (nuova politica economica) se un uomo lasciava la sua moglie de facto, questa non era più in grado di garantirsi l'adeguata assistenza. Gli uomini non avevano legami legali e come tali, se una donna era incinta, avrebbe potuto lasciarla e non essere legalmente responsabile per l'assistenza sua e del figlio: ciò ha condotto ad un aumento di bambini di strada e senzatetto.

Poiché una moglie de facto non godeva di diritti il governo ha cercato di risolvere questo problema attraverso la legge matrimoniale del 1926, concedendo ai matrimoni registrati e non registrati diritti uguali e sottolineandone gli obblighi che venivano col matrimonio. Nel 1930 il Ženotdel fu sciolto, in quanto il governo affermava che il loro lavoro era stato completato.

Le donne cominciarono ad entrare nella forza lavoro sovietica in una proporzione che non era mai stata vista prima. Purtuttavia a metà degli anni '30 si è manifestato un ritorno ai valori più tradizionali e conservatori in molte aree della politica sociale e familiare. L'aborto tornò ad essere illegale, l'omosessualità è stata dichiarata un crimine, le differenze legali tra i figli legittimi e illegittimi sono state ripristinate e il divorzio è stato ancora una volta assai difficile da ottenere.

Le donne finirono col diventare le eroine della casa che facevano i più alti sacrifici per i loro mariti e che creavano un positivo ambiente domestico, il tutto per "aumentare la produttività e migliorare la qualità del lavoro". Gli anni '40 continuarono con questa ideologia tradizionale e la famiglia nucleare fu il perno a guida di tutto il resto. Le donne avevano la responsabilità sociale della meternità la quale non poteva in alcun modo essere ignorata.

Lungo tutto il corso dello stalinismo anche le donne sono state vittime del regno del terrore instaurato da Josif Stalin con le grandi purghe che afflissero l'intera nazione. Dal 1934 al 1940 il numero di donne che si ritrovarono ad essere prigioniere nei gulag aumentò da 30.108 a 108.898; le donne non sono state mandate in campi di lavoro duro, ma hanno lavorato nei campi, nelle fabbriche tessili e di cucito e sono state costrette ad eseguire il lavoro duro solo come punizione. Le donne presenti nei campi erano spesso oggetto di violenza e/o abuso sessuale.

Allo stesso tempo, grazie alla letteratura di regime, si ebbe a rinsaldare il culto della personalità che Stalin aveva attuato e gli articoli delle riviste femminili si sprecavano in lodi sottolineando il grande lavoro che Stalin aveva fatto per le donne. Durante la seconda guerra mondiale le donne esemplificavano la patria; molte sono diventate vedove durante la guerra, rendendo più probabile la possibilità di impoverirsi.

Mentre gli uomini sono stati chiamati alle armi, le donne hanno cominciato ad entrare e diventare responsabili di aziende statali e grandi aziende collettive. Nel 1942, per soddisfare i contingenti di raccolta, più della metà della forza lavoro agricola era costituita da donne. Non solo esse assumevano ruoli di rilievo all'interno di aziende collettive, ma 8.476 ragazze entrarono nell'esercito russo e nella marina navale per aiutare nella "Grande guerra patriottica".

Il motto del tempo è diventato: "Le donne sovietiche hanno dato tutto il loro potere alla madrepatria... nessuna difficoltà che sorge sul cammino per costruire la pace potrebbe spaventarle". Il divieto di aborto è stato infine abrogato nel 1955, dopo quasi vent'anni di proibizione fu nuovamente legalizzato. Dopo la morte di Stalin il governo sovietico ha revocato le leggi del 1936 ed ha emesso una nuova legge sull'aborto.

La Costituzione sovietica del 1977 ha sostenuto i diritti delle donne sia nella vita pubblica (art.35) sia nella vita familiare (art.53). Tuttavia la costituzione è stata in qualche modo contraddittoria: sebbene assicurasse i diritti delle donne all'istruzione, alla forza lavoro e alla famiglia, l'enfasi posta sulla maternità come chiamata essenziale per le donne rimase forte.

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Terza ondata

Per lottare contro il discorso dominante e rendere effettiva la parità ancora solo teorica tra uomini e donne, ma anche per prendere in considerazione gli elementi che in precedenza erano assenti dal pensiero femminista, come le peculiarità delle donne che non vivono in un mondo capitalista bianco, nacque una nuova forma di femminismo, spesso denominato "terza ondata".

L'afroamericana Rebecca Walker introdusse per la prima volta il termine nel 1992 in un articolo Becoming the Third Wave. Questa nuova generazione di movimenti femministi provenne principalmente da attivisti neri, lesbiche e disabili; essi si sviluppano nel corso degli anni 1980-1990, contro il carattere bianco e borghese dell'onda precedente. Non presentarono un fronte comune e i vari gruppi femministi dimostrarono la loro opposizione anche offrendo rappresentazioni contrastanti delle donne.

Questo è il femminismo sessual-positivo che non temette di attaccare il femminismo radicale, visto oramai come un movimento normativo che considerava la sessualità esclusivamente come strumento di dominio maschile. La posizione radicale fu particolarmente critica nei confronti sia della pornografia che della prostituzione, mentre le femministe pro-sessuali, ispirate dal movimento Queer, rivendicarono il diritto ad una "sessualità differente".

Il femminismo della terza onda fu quindi piuttosto un insieme di diversi movimenti politici e sociali. A differenza dei loro predecessori, le donne portarono avanti più fronti di lotta allo stesso tempo, il che rende la loro categorizzazione ancora più difficoltosa; inoltre, questa terza ondata venne anche denominata "postfemminismo", "nuovo femminismo" o "metafemminismo", mostrando così tutta la difficoltà di etichettare le forme di azione che promosse. Questo è tanto più vero che i termini scelti sono ambigui; il neologismo "postfemminismo" è stato utilizzato anche per indicare un movimento inserito nella tradizione del postmodernismo o una critica della seconda onda del tutto simile a quella ben evidenziata da Susan Faludi.

Il femminismo della "terza ondata" ebbe inizio nei primi anni novanta in risposta a ciò che le giovani donne percepivano come i fallimenti subiti dalla "seconda ondata"; rispose anche alla sfida contro le iniziative e i movimenti della seconda onda. Il femminismo della terza ondata cercò di sfidare o di evitare le nozioni di "femminilità" date dall'essenzialismo della seconda ondata il quale sottolineò esclusivamente le esperienze del ceto medio e superiore bianco a cui le donne appartenevano.

L'interpretazione data dal post-strutturalismo del binarismo di genere e della sessualità assieme ad una comprensione di genere non-binario, cioè non solo come mascolinità o femminilità, risultò essere fondamentale per gran parte dell'ideologia della terza ondata; le femministe si descrissero ora come "micropolitiche" e sfidarono i paradigmi acquisiti della seconda onda, se cioè tali azioni sono unilateralmente buone per il sesso femminile.

Questi aspetti del femminismo della terza onda emersero inizialmente già verso la metà degli anni ottanta. Le leader femministe radicali della seconda ondata come la chicana Gloria Anzaldúa (1942-2004), la già citata bell hooksChela Sandoval (1956- ), Cherríe Moraga (1952- ), la poetessa afroamericana Audre Lorde (1934-1992), la studiosa di antropologiaitaliana Luisa Accati (1942- ), la sinoamericana Maxine Hong Kingston (1940- ) e tante altre femministe di colore richiesero una nuova soggettività nella voce femminista. Esse desiderarono che il pensiero femminista di maggior rilevanza prendesse in considerazione anche e soprattutto le soggettività legate all'appartenenza etnica.

Questa messa a fuoco sull'intersezionalità tra etnia e genere rimase prominente attraverso le udienze del caso relativo alle accuse di molestia sessuale rivolte contro il giudice afroamericano Clarence Thomas, membro della Corte suprema degli Stati Uniti d'America, nel 1991; ma cominciò a spostarsi con il "Freedom Ride 1992", una guida alla registrazione elettorale nelle comunità povere di minoranza etnica e i cui slogan intesero riunire sotto un'unica ala le giovani femministe. Per molti i raduni dei giovani furono il legame comune all'interno del femminismo della terza ondata.

Politiche sessuali

«Spesso la cultura lesbica femminista è servita da modello alla cultura LGBT più in generale. L'influenza delle lesbiche sul movimento contemporaneo di emancipazione delle donne è stata notevole: il radicalismo della contestazione del patriarcato ha segnato una tappa fondamentale.»

 

Il lesbismo durante la seconda ondata fu molto visibile sia all'interno ma anche al di fuori del femminismo. Le lesbiche si sentirono sconfitte sia dalla parte del movimento LGBT sia da quella della liberazione delle donne, dove si denominarono "Lavender Menace" (Minaccia porpora); produssero il manifesto intitolato "The Woman-Identified Woman" (1970) il quale mise le donne lesbiche in prima linea nel movimento di liberazione. Il libro del 1973 "Lesbian Nation: The Feminist Solution" (Nazione lesbica: soluzione femminista) di Jill Johnston (1929-2010) sostenne il cosiddetto "separatismo lesbico".

Nella sua forma estrema questo venne espresso come l'unica scelta appropriata per una donna; nella generalità dei casi il movimento lesbico venne accolto favorevolmente nel movimento femminista delle donne. La minaccia rappresentata da questa unione per la normatività maschile venne dimostrata dalla sfida maschile che ne seguì.

Per quanto concerne i diritti riproduttivi le femministe cercarono il diritto alla contraccezione e al controllo delle nascite, che furono quasi universalmente limitate fino agli anni sessanta. Le femministe sperarono di utilizzare la prima pillola contraccettiva per liberare le donne e lasciarle liberamente decidere i termini in cui avrebbero potuto avere un figlio.

Sentirono che l'autocontrollo riproduttivo fosse indispensabile per l'acquisizione della piena indipendenza economica dagli uomini. Anche la possibilità di acceso all'aborto venne ampiamente richiesto per questi stessi motivi, ma ciò fu più difficoltoso da conquistare a causa delle profonde divisioni esistenti all'interno della società civile nei riguardi di questo tema.

Le femministe della terza ondata combatterono anche per accelerare l'accettazione sociale della libertà sessuale femminile, poiché le norme sociali vigenti permettevano agli uomini di avere un maggior numero di partner sessuali senza per questo venire biasimati o rimproverati od ottenerne una stigmatizzazione, le femministe ricercarono l'uguaglianza sessuale attraverso quella forma di libertà e incoraggiarono la più completa e totale "liberazione e rivoluzione sessuale" per le donne, compresa la sessualità svolta esclusivamente per il piacere sessuale con partner multipli, sempre che lo desiderassero (vedi poliamore).

 

Teorie

Molti attivisti della Generazione X (nati tra il 1960 e il 1981) furono più avanzati rispetto alle femministe della seconda ondata nel loro essere efficienti, responsabili e indipendenti. In risposta all'immagine passiva della femminilità, virginale e debole, la terza onda mise in evidenza una donna rassicurata, cosciente di sé, potente e sessualmente libera.

Lo sviluppo della terza ondata sarebbe originato da questa opposizione tra le generazioni; le autrici americane misero in luce il conflitto generazionale per spiegare la nascita di una terza ondata che abbandonava il gruppo in lotta per asserire invece la necessità di una battaglia individuale, sostenendo l'unicità di ogni donna piuttosto che un vago e troppo teorico ideale femminile.

Inoltre il pensiero femminista diventa da questo momento in poi parte di una riflessione più generale sulla società guidata dai filosofi postmoderni e post-strutturalisti. Il decostruttivismo avviato da Jacques Derrida trovò un'eco importante tra autrici come Julia Kristeva (1942- ), Luce Irigaray (1930- ) ed Hélène Cixous (1937- ) per le quali la sottomissione delle donne è nata dalla costruzione maschile della società e del linguaggio. Sulla base della definizione proposta a suo tempo da Simone de Beauvoir, la femminilità come alterità al mondo maschile, il femminismo postmoderno si propose di evidenziare questa differenza e il suo valore rifiutando in toto il sistema di pensiero fondato sulla mascolinità.

Se questa terza ondata divenne facilmente rilevabile nel paesaggio sociale nordamericano, non fu lo stesso in Francia, dove solo le prime due onde si stabilizzano inizialmente nel tempo cronologico; i movimenti più recenti vengono piuttosto visti come un'evoluzione del movimento precedente. Questa terza onda si inserirebbe pertanto come proseguimento della seconda, ma con una riflessione critica sull'ideologia da questa proposta: "la politica del femminismo della terza onda non si chiude attorno ad un programma unitario e universale, ma piuttosto opera una contestualizzazione universale".

Strumenti di lotta

Le femministe di questa terza ondata scelsero di combattere contro il sessismo e la violenza contro le donne con l'ironia, l'umorismo e dirottando gli stessi simboli del sessismo.

I monologhi della vagina, un'opera teatrale di Eve Ensler (1953- ), o i manifesti umoristici delle Guerrilla Girls ne rappresentano un'illustrazione perfetta; esse fecero inoltre irruzione nella scena artistica, come ad esempio nel rock. I collettivi punk e le militanti delle riot grrrl nacquero nei primi anni novanta negli Stati Uniti d'America, in reazione al maschilismo presente nella scena rock e alla mancanza di rappresentanza delle donne nell'ambito musicale.

Le ragazze fondarono bande musicali e scrissero canzoni che denunciarono il sessismo, tra cui lo stupro e la violenza domestica; per esempio Bikini Kill, fondato da Kathleen Hanna e Tobi Vail "denunciò i legami esistenti tra classe sociale e disuguaglianza di genere" oppure Bratmobile, il gruppo femminista di Allison Wolfe e Molly Neuman creatore del fanzine Girl germs.

Strettamente collegato al movimento Queer e al femminismo sessual-positivo, il movimento della terza onda utilizzò opuscoli, fanzine, conferenze ed eventi come mezzi di supporto alla causa e al ruolo delle donne nella musica; esso si concluse intorno al 1996 con la dissoluzione dei principali gruppi e le accuse di incitamento alla violenza da parte dei mezzi di comunicazione di massa come Newsweek o Seventeen. L'uso delle nuove tecnologie naturalmente non fu trascurato e condusse persino alla formazione di un movimento, il cyberfemminismo.

Femminismo globale

«L'uguaglianza va a cozzare contro una rappresentazione della differenza dei sessi con grandi potenzialità discriminatorie. Le religioni, soprattutto il cattolicesimo e l'islam, si confermano refrattarie all'emancipazione femminile, come se la subordinazione delle donne fosse il pilastro irrinunciabile della creazione divina. Il fondamentalismo, antilaico e antifemminista, mette in pericolo le conquiste delle donne.»

 

Dopo la seconda guerra mondiale l'organizzazione delle Nazioni Unite estese la portata del femminismo a livello globale. Esse costituirono una Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne nel 1946 e che più tardi aderì al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). Nel 1948 le Nazioni Unite promulgarono la Dichiarazione universale dei diritti umani, che protegge "gli uguali diritti degli uomini e delle donne" e che si rivolsero sia alla condizione di parità sia all'equità.

A partire dalla Conferenza mondiale dell'"anno internazionale delle donne" (1975) a Città del Messico come parte del "decennio delle donne (1975-85) l'ONU organizzò tutta una serie di conferenze mondiali sulle questioni femminili; queste conferenze ebbero rappresentanti femminili provenienti da ogni angolo del pianeta e offrirono notevoli opportunità nella promozione dei diritti delle donne. Si verificarono altresì profonde divisioni culturali e disaccordi per quanto riguardava i principi universali, come dimostrato anche dalle successive conferenze svoltesi a Copenaghen (1980) e a Nairobi (1985).

Esempi di tali divisioni includevano la disparità nello sviluppo economico, gli atteggiamenti adottati verso le varie forme di oppressione, la definizione del femminismo, le posizioni riguardanti l'omosessualità, la mutilazione genitale femminile e la politica demografica. La "Convenzione di Nairobi" rivelò un femminismo meno monolitico il quale "costituisce l'espressione politica delle preoccupazioni e degli interessi delle donne provenienti da regioni, classi, nazionalità e sfere etniche diverse. C'è e deve esserci una diversità di femminismi, rispondenti alle diverse esigenze e preoccupazioni delle donne e definite da loro per loro stesse. Questa diversità si basa su una comune opposizione al ruolo di genere oppressivo o alla gerarchizzazione maschile, che tuttavia è solo il primo passo per articolare e agire su un'agenda politica ben definita".

La quarta conferenza si tenne a Pechino nel 1995, dov'è stata firmata la "piattaforma d'azione di Pechino"; ciò ha comportato un maggior impegno da parte dei paesi membri nel raggiungere l'"uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne" attraverso "l'integrazione della dimensione di genere" (vedi Gender mainstreaming) o consentendo alle donne e agli uomini di "sperimentare condizioni uguali per realizzare i propri diritti umani e avere in tal maniera l'opportunità di contribuire e di beneficiare dello sviluppo politico, economico, sociale e culturale."

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Quarta ondata

La quarta ondata del femminismo costituisce un recente sviluppo all'interno del movimento femminista. Jennifer Baumgardner identifica il femminismo della quarta ondata a partire dal 2008 per farlo continuare fino ad oggi. Kira Cochrane, autrice di All the Rebel Women: The Rise of the Fourth Wave of Feminism, definisce il femminismo della quarta onda come un movimento connesso alla tecnologia. La ricercatrice Diana Diamond definisce questa "quarta onda" come una combinazione che "unisce la politica, la psicologia e la spiritualità in una visione d'insieme globale del cambiamento".

Argomenti per una nuova ondata

Nel 2005 l'autrice Pythia Peay argomentò sull'esistenza di una quarta ondata femminista, che riuniva la giustizia con la spiritualità religiosa (la "Dea-logia", vedi teologie femministe), Secondo le affermazioni di Baumgardner del 2011 una quarta ondata, che incorpora in sé risorse online come i social media, potrebbe essersi avviata nel 2008, ispirata in parte dal programma no-profit statunitense-canadese-austaliano "Take Our Daughters and Sons to Work Day".

Questa quarta ondata ha a sua volta ispirato o associato il "progetto Doula" di Boston per i servizi sociali rivolti ai bambini, linee di discussione post-aborto, perseguimento delle giustizia riproduttiva, supporto di modelli d'abbigliamento più forti (vedi moda), sostegno per le persone transgender, femminismo maschile, accettazione del lavoro sessuale e infine sviluppo dei media, tra cui le campagne femminili, razziali, tramite blog (fondato da Jessica Valenti) e twitter.

Secondo Cochrane una quarta ondata era apparsa nel Regno Unito e in altre nazioni entro il 2012-23. Essa si concentra su: la disuguaglianza sessuale, come si manifesta in molestie di strada, molestia sessuale, discriminazioni sul posto di lavoro, vergogna del corpo, immagini multimediali (misoginia online), aggressioni sui trasporti pubblici; poi sull'intersezionalità, sulla tecnologia dei social media per la comunicazione e la petizione online delle varie organizzazioni e infine sulla percezione, ereditata dalle onde precedenti, che le esperienze individuali sono condivise e possono quindi trovare e avere soluzioni politiche.

Cochrane ha identificato come quarta onda tali organizzazioni e siti web come "Everyday Sexism Project" (fondato da Laura Bates) e "UK Feminista" (fondato e diretto da Kat Banyard) ed eventi come "Take Back the Night", "One Billion Rising" (fondato da Eve Ensler per la prevenzione della violenza sessuale contro le donne) e "a Lose the Lads' mags protest" dove molte delle leader hanno poco più di vent'anni.

Nel 2014 l'educatrice sessuale Betty Dodson, che viene anche riconosciuta per essere stata una delle leader dei primi anni ottanta, facente parte del femminismo sessual-positivo del movimento, ha espresso l'opinione che si considera una femminista della quarta onda. Dodson considera che le ondate precedenti di femministe sono state banali e anti-sessuali e che per questo motivo ha scelto di esaminare una nuova posizione del femminismo, per l'appunto quello della quarta onda.

Nel 2014 Dodson ha lavorato con le donne per scoprire i propri desideri sessuali attraverso la masturbazione; ella dice che il suo lavoro ha guadagnato un nuovo scopo di vita con un rinnovato pubblico composto per lo più di giovani, donne di successo ma che non hanno mai avuto un orgasmo. Ciò include anche le femministe della quarta ondata, quelle che rifiutano l'atteggiamento anti-piacere e che credono che le femministe della terza ondata stiano oramai al palo.

Sempre nel 2014 Rhiannon Lucy Cosslett e Holly Baxter hanno pubblicato il loro libro intitolato The Vagenda; le autrici si considerano entrambe femministe della quarta onda, Come il loro sito web, con lo stesso nome del libro, intendono bandire e sgonfiare gli stereotipi femminili promossi dalla stampa nei confronti delle donne mainstream. Un revisore del libro ha espresso la sua delusione affermando che invece di essere "la chiamata alle armi per le giovani donne" che si suppone debba essere, si legge invece come una dissertazione disinteressata che descrive "tutto il male che i media hanno sempre fatto alle donne".

The Everyday Sexism Project

Il "Progetto di sessismo quotidiano" ha avuto la sua origine come campagna di social media avviata il 16 aprile del 2012 da Laura Bates, una scrittrice femminista britannica. Lo scopo del sito era quello di documentare esempi quotidiani di sessismo così come venivano riportati da contributori di tutto il mondo. Bates ha stabilito il progetto come un forum aperto in cui le donne avrebbero potuto pubblicare le proprie esperienze di molestie subite.

Bates spiega che l'obiettivo del progetto "non è mai stato quello di risolvere definitivamente il problema del sessismo, bensì quello di convincere le persone ad intraprendere il primo passo per poter rendersi conto che esiste effettivamente un problema che richiede una soluzione".

Il sito web si è rivelato un tale successo che Bates ha deciso di scrivere e pubblicare un libro, Everyday Sexism, il quale sottolinea ulteriormente l'importanza di avere questo tipo di forum online per le donne; il libro offre una visione unica sul movimento in evoluzione e narra le innumerevoli storie private che le donne condividono attraverso il progetto.

Click! The Ongoing Feminist Revolution

Nel novembre del 2015 un gruppo di storici che lavorano con "Clio Visualizing History" ha lanciato "Click! The Ongoing Feminist Revolution" (Click! La rivoluzione femminista in corso); quest'ampia mostra di storia digitale esamina la storia del femminismo negli Stati Uniti d'America dall'epoca della seconda guerra mondiale al presente.

L'esposizione consiste in tre sezioni principali: politica e movimenti sociali, corpo e salute, sul posto di lavoro e in famiglia. Vi sono anche dei collegamenti temporali interattivi che collegano una vasta gamma di fonti che documentano la storia del femminismo americano e forniscono informazioni sull'attivismo femminista attuale.

Critiche della metafora dell'onda

La metafora dell'onda è stata criticata come inadeguata, limitante e fuorviante da un certo numero di studiosi femministi.

Mentre questa metafora era una volta utile per il femminismo negli Stati Uniti d'America per ottenere l'attenzione necessaria e pertanto ottenere cambiamenti politici su larga scala, come nel caso del movimento di suffragio femminile dei primi decenni del XX secolo, in tal caso l'eventuale pertinenza potrebbe non solo far funzionare il suo andamento temporale, ma anche il suo uso; ma ciò è stato argomentato come essere completamente inappropriato.

Ad esempio le suffragette non utilizzavano il termine «femminismo» per descrivere se stesse o il loro movimento. Questa critica è forse maggiormente conosciuta attraverso le parole di Nancy F. Cott: "tutte le femministe sono suffragette, ma non tutte le suffragette sono femministe".

La metafora dell'onda è stata descritta come fuorviante e persino pericolosa perché non solo rende silenziosi e irrilevanti i periodi di tempo tra le varie onde, ma contribuisce anche alla concettualizzazione errata di un femminismo egemonico di marca particolare come l'ultimo (e forse il solo) nella comprensione di ciò che è effettivamente il femminismo.

Queste critiche sostengono il riconoscimento dei periodi di "organizzazione sociale di massa" piuttosto che le "onde". Si è anche sostenuto che la metafora dell'onda indebolisce la forza e la pertinenza degli argomenti femministi, dal momento che le onde necessariamente devono avere dei picchi ma poi ritirarsi, il che non è un quadro preciso del progresso femminista verificatosi negli Stati Uniti o altrove.

Il femminismo non si ritira o scompare tra le "onde"; ad esempio, anche dopo l'esplosione dell'"organizzazione sociale di massa" nel corso degli anni sessanta, settanta e ottanta, il femminismo continuò a lavorare all'interno delle istituzioni: un lavoro molto meno affascinante ma altrettanto importante che non richiedeva però un'attenzione così ampia. Di conseguenza, abbiamo visto sempre più donne affacciarsi in molteplici settori della forza lavoro, dell'istruzione superiore e della funzione pubblica, e il successo dei programmi rivolti alle donne oltre che degli studi di genere universitari negli Stati Uniti, per citare solo alcuni esempi della continuativa e assai rilevante presenza femminista in questo momento presente tra un'onda e l'altra.

La metafora dell'onda è stata ulteriormente criticata per privilegiare non solo l'etnia e il ceto sociale di donne particolari negli Stati Uniti, ma anche per tenere in maggiore considerazione il femminismo degli Stati Uniti rispetto a quello presente in altre località del mondo. L'accademica statunitense specializzata in storia dell'Asia meridionale Amrita Basu sostiene che "la politica e le condizioni di emergenza, anziché la metafora dell'onda - la quale non consente questo privilegio a certe persone e nazioni particolari - mettono invece d'accordo sull'importanza e la comprensione di tutti i popoli del mondo che hanno contribuito al femminismo e alle sue molteplici conoscenze e significati (e che continuano a farlo).

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Storia dei femminismi nazionali

Polonia

Lo sviluppo del femminismo in Polonia (ricreatosi in tempi moderni a partire dall'11 novembre 1918, il giorno dell'indipendenza della Polonia) e nei territori polacchi è stato tradizionalmente diviso in sette "onde" successive.

Il femminismo radicale è emerso in Polonia nel 1920. Le sue rappresentanti principali, Irena Krzywicka (1899-1994) e Maria Morozowicz-Szczepkowska (1885-1968), sostennero l'indipendenza personale, sociale e legale delle donne dagli uomini. Krzywicka, assieme allo scrittore e poeta Tadeusz Żeleński, promosse la genitorialità pianificata attraverso la contraccezione, l'educazione sessuale, i diritti al divorzio e all'aborto e l'uguaglianza di genere.

Krzywicka pubblicò tutta una serie di articoli nell rivista Wiadomości Literackie in cui protestava decisamente contro le indebite interferenze della Chiesa cattolica romana nella vita intima dei polacchi.

Dopo la seconda guerra mondiale la Repubblica Popolare di Polonia (lo stato comunista istituito nel 1948) promosse con forza l'emancipazione femminile sia in ambito domestico sia in quello lavorativo. Tuttavia, durante il dominio comunista (durato fino al 1989), il femminismo in generale e la seconda ondata femminista in particolare furono praticamente assenti. Sebbene i testi femministi venissero prodotti nel corso degli anni cinquanta e anche successivamente, di solito rimasero sotto stretto controllo e prodotti dallo stato comunista.

Dopo la caduta del comunismo nell'intera Europa dell'Est (con le rivoluzioni del 1989), il nuovo governo polacco dominato dai partiti politici cattolici ha introdotto un divieto giuridico nei confronti dell'aborto. Da allora in avanti alcune femministe hanno adottato strategie argomentative adottate dall'"United States pro-choice movement" (movimento americano pro-scelta) degli anni ottanta.

 

Svezia

Il femminismo in Svezia ha contribuito con un'importante influenza sociale e politica all'evolversi della società svedese e all'emancipazione, alla condizione femminile e ai diritti delle donne. I partiti politici svedesi dell'intero spettro politico si imèpegnano nelle politiche basate sul genere nei loro manifesti politici pubblici. I lgoverno svedese valuta tutta la politica secondo i principi dell'innovazione sperimentale di genere (mainstreaming). Le donne in Svezia raggiungono il 45% dei rappresentanti politici del Riksdag (Svezia) (il parlamento); le donne inoltre costituiscono il 43% dei rappresentanti delle legislature locali a partire dal 2014.

Il femminismo svedese risale al XVII secolo e fu discusso nei maggiori circoli intellettuali per tutto il XVIII secolo. Dal momento della pubblicazione del saggio intitolato Samtal emellan Argi Skugga och en obekant Fruentimbers Skugga di Margareta Momma avvenuto nel 1738, seguito dalla faamosa poesia Fruntimrens försvar (Alla difesa delle donne) di Hedvig Charlotta Nordenflycht nel 1761, il dibattito sul ruolo di genere e sull'uguaglianza di genere è diventato uno dei principali argomenti di discussione intellettuale.

Le donne ebbero il "suffragio condizionato" durante tutta l'Epoca della libertà svedese (1718-1772). Con un livello relativamente elevato d'istruzione nel 1862 le donne svedesi non sposate sono state le prime a livello mondiale ad ottenere il diritto di voto condizionato nelle elezioni comunali. Il suffragio universale femminile è seguito nel 1921. Da allora la Svezia è rimasto un paese precursore della parità di genere, guidato da un movimento femminista sia intellettuale che pratico.

Ai giorni nostri, con un crescente multiculturalismo, la società svedese ha abbracciato il femminismo della terza ondata. Iniziativa Femminista è diventato il primo partito politico esplicitamente femminista a vincere un mandato parlamentare nelle Elezioni europee del 2014 (Svezia), ribadendo il femminismo da una prospettiva decisamente antirazzista includendovi anche le prospettive delle persone di colore.

America Latina

Dopo il primo avvio del femminismo europeo nella seconda metà del XIX secolo, le relazioni commerciali tra Stati Uniti d'America e il continente europeo portarono questa nuova "ideologia" nei salotti letterari della sempre più influente borghesia. Tuttavia l'evidenza storica delle azioni delle donne si dimostrò raramente e gli inizi del femminismo in America del Sud non sono documentati.

Verso la metà del XIX secolo, però, le prime femministe del Brasile cominciarono a pubblicare giornali e riviste criticando il predominio maschile e il matrimonio visto oramai solo come un'"intollerabile tirannia". Inoltre esse invitarono le proprie lettrici a combattere per ottenere pari diritti. Successivamente, verso la fine del XIX secolo, l'anarco-femminismo fece sentire la propria voce anche in Argentina.

La rivendicazione abituale di poter ottenere parità di accesso all'istruzione femminile andò di pari passo con quello dell'autonomia finanziaria e, in un secondo tempo, con il diritto al suffragio femminile. Anche se quest'ultimo venne inizialmente rifiutato, tuttavia, le donne cittadine del Messico, del Brasile, dell'Argentina e del Cile guadagnarono la possibilità di accedere agli studi universitari.

Tutte le operazioni specifiche per ogni paese vennero organizzate in collaborazione con le militanti dell'America del Nord, questo almeno a partire dal 1910. Ciò ha condotto nel 1922 alla creazione della "Pan-American Association for the Advancement of Women" la quale reclamò una migliore educazione per le donne, il diritto di voto e l'uguaglianza sociale. Nel frattempo le femministe messicane organizzarono un proprio congresso nel 1916. L'"Associazione Pan-americana" ebbe però una vita assai breve a causa dei contrasti sorti tra le maggiori esponenti del femminismo negli Stati Uniti d'America e quelle Sudamericane.

Tuttavia, il desiderio di migliorare le condizioni delle donne in tutti gli Stati americani proseguì e trovò la propria piena espressione nel 1928 quando l'Organizzazione degli Stati americani creò il "Comitato Inter-americano sulle donne". Il diritto di voto, anche se importante, non risultò essere l'unico oggetto della lotta, ma fu invece parte di un approccio più generale per ottenere diritti uguali a quelli degli uomini.

Gli anni sessanta del XX secolo sperimentarono un rilancio dell'azione femminista la quale partecipò in primo piano alla seconda ondata femminista. Anche in questo caso furono soprattutto le donne delle classi sociali superiori che guidarono la lotta e questo soprattutto nelle capitali dei paesi più grandi come il Messico, il Brasile o l'Argentina.

Gli anni settanta rappresentarono un periodo di lotte politiche violente tra gli stati rivoluzionari della sinistra politica e quelli dittatoriali della destra, non lasciando che si esprimessero appieno gli ideali femministi: molte donne rimasero coinvolte nei combattimenti, ma il femminismo venne principalmente considerato una causa di divisione.

Negli anni ottanta il movimento femminista rinacque a nuova vita e si sviluppò attorno a tre assi: l'indipendenza dai partiti di sinistra, gli incontri tra le femministe di diversi paesi dell'America Latina e infine il tentativo di massificazione del movimento in quello che è stato chiamato "il femminismo dei settori popolari". Con l'adozione di una tale strategia le donne riuscirono infine ad essere ascoltate e ciò portò alla realizzazione di diverse rivendicazioni.

Tuttavia ebbero modo di nascere tensioni tra le femministe "pure e dure" ("de huesos Colorados") e quelle dei settori più popolari, mentre il supporto delle Organizzazioni non governative e delle istituzioni americane ed europee come l'Organizzazione delle Nazioni Unite fu contrastato da coloro che rifiutavano un tentativo di recupero da parte delle imprese del neoliberismo e del cosiddetto "nuovo imperialismo".

Tra le femministe autonome e quelle istituzionali la rottura si realizzò durante gli anni novanta; mentre fattori aggiuntivi fecero letteralmente esplodere l'unità del movimento negli anni duemila, quello riferentesi alla terza ondata femminista. I vari gruppi del movimento lesbico parteciparono attivamente alle riunioni, ma organizzarono anche una nuova associazione dedicata esclusivamente ai problemi inerenti al movimento LGBT; d'altro canto le militanti afro-latinoamericane si organizzarono specificamente per combattere il razzismo. Sono state seguite dalle donne dei nativi americani, che contribuirono ad una radicalizzazione del movimento.

 

Brasile

I ruoli sociali delle donne in Brasile sono stati fortemente influenzati dalle tradizioni patriarcali della cultura iberica , che tiene le donne subordinate agli uomini nelle relazioni familiari e comunitarie. La penisola iberica , che è formata da Spagna , Portogallo e Andorra , è stata tradizionalmente la frontiera culturale e militare tra cristianesimo e islam , sviluppando una forte tradizione per la conquista militare e il dominio maschile.  Le tradizioni patriarcali furono prontamente trasferite dalla penisola iberica in America Latina attraverso l' encomendasistema che ha favorito la dipendenza economica tra donne e popolazioni indigene in Brasile .  Essendo la più grande nazione cattolica romana nel mondo, anche la religione ha avuto un impatto significativo sulla percezione delle donne in Brasile, anche se nel corso del secolo scorso il governo brasiliano ha sempre più rotto con la Chiesa cattolica in merito alle questioni legate alla riproduzione diritti .

Si pensa che il Brasile possieda il movimento femminile più organizzato ed efficace in America Latina, con guadagni visibili nel secolo scorso per promuovere e proteggere i diritti legali e politici delle donne.  Nonostante i progressi ottenuti nei diritti delle donne nel secolo scorso, le donne in Brasile devono ancora affrontare una significativa disparità di genere , che è più pronunciata nelle aree rurali del nord-est del Brasile .  Nel 2010, le Nazioni Unite hanno classificato il Brasile al 73 ° posto su 169 nazioni in base all'indice di disuguaglianza di genere , che misura gli svantaggi delle donne nei settori dei diritti riproduttivi ,responsabilizzazione e partecipazione della forza lavoro.

I movimenti femminili in Brasile sono stati tradizionalmente guidati e sostenuti da donne dell'alta borghesia e tendono ad essere riformisti piuttosto che rivoluzionari in natura, sebbene esistano chiare eccezioni, in particolare per quanto riguarda i movimenti agrari di riforma agraria.  Sebbene il suffragio sia stato concesso alle donne in Brasile negli anni '30, non è stato fino agli anni '70 e in poi che un movimento femminile più ampio e più potente ha preso piede in Brasile. Nel 1979, anno della sua pubblicazione, il Brasile ha firmato e ratificato il CEDAW , una convenzione delle Nazioni Unite che mira a eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne. Le donne in Brasile godono degli stessi diritti e doveri legali degli uomini, che è chiaramente espresso nel quinto articolo della Costituzione del Brasile del 1988.

Il World Economic Forum ha pubblicato uno studio che indica che il Brasile ha praticamente sradicato le differenze di genere nell'istruzione e nel trattamento sanitario, ma che le donne sono rimaste indietro rispetto agli stipendi e all'influenza politica. Secondo il Ministero del Lavoro e dell'Occupazione, le donne sono state pagate il 30 percento in meno degli uomini. Nel 2005, la relatrice speciale delle Nazioni Unite Despouy ha rilevato un livello sorprendentemente basso di rappresentanza delle donne nel sistema giudiziario, in cui le donne occupavano "solo il 5% dei posti più importanti nella magistratura e nella Procura della Repubblica".  Molte donne sono state elette sindaci e molte donne sono state giudici federali. La prima donna assunse l'incarico al Senato nel 1979. Le donne sono diventate candidate alla vicepresidenza per la prima volta nel 1994. A partire dal 2009, il 9% dei seggi nel parlamento nazionale era occupato da donne. 

Bertha Maria Júlia Lutz (2 agosto 1894 - 16 settembre 1976) é stata una zoologa, politica diplomatica brasiliana . Lutz divenne una figura di spicco sia nel movimento femminista panamericano che nel movimento per i diritti umani.  Fu determinante per ottenere il suffragio femminile in Brasile e rappresentò il suo paese alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'organizzazione internazionale, firmando il suo nome nella Carta delle Nazioni Unite

Argentina

Il femminismo in Argentina è un insieme di movimenti volti a definire, stabilire e difendere pari diritti politici, economici e sociali e pari opportunità per le donne in Argentina . Sebbene alcune donne siano state considerate precursori - tra cui Juana Manso e Juana Manuela Gorriti - il femminismo è stato introdotto nel paese a seguito della grande ondata di immigrazione europea avvenuta tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Le prime femministe non formarono un movimento unificato, ma includevano attiviste anarchiche e socialiste, che incorporarono le questioni delle donne nel loro programma rivoluzionario e donne prestigiose che pensavano inizialmente di lottare per l'accesso aistruzione superiore e, successivamente, uguaglianza giuridica con gli uomini. Nonostante gli sforzi delle femministe della prima ondata , le donne argentine non acquisirono il diritto di voto fino al 1947, durante il primo governo di Juan Perón. Sua moglie Eva, molto popolare, sosteneva il suffragio femminile e fondò e diresse il primo partito politico femminile su larga scala della nazione, il Partito peronista femminile.

Il periodo convulso tra la fine degli anni sessanta e la metà degli anni settanta fu un periodo di intense trasformazioni sociali e attivismo politico. Tra le organizzazioni femministe che apparvero c'erano la Unión Feminista Argentina (UFA; inglese: Unione femminista argentina) e il Movimiento de Liberación Feminista (MLF; inglese: movimento femminista di liberazione).

Aborto e Ni Una Menos

La più recente ondata di femminismo argentino è diventata uno dei più grandi movimenti femminili nella storia dell'America Latina. Concentrarsi su questioni come l'accesso ad aborti legali e sicuri, aumentare l'accesso ai contraccettivi, la professionalizzazione del lavoro delle donne, l'equalizzazione della disparità salariale tra uomini e donne, abbassare i tassi di femicidio, aumentare la rappresentanza delle donne nelle principali istituzioni, espandere la materna andarsene, ripensando la società pensando alla teoria femminista e rafforzando la voce delle donne.

Questa nuova ondata di attivismo femminista viene talvolta definita "la rivoluzione delle figlie" (in spagnolo: la revolución de las hijas ). Il termine è stato coniato dalla giornalista Luciana Peker e si riferisce alla preponderanza degli adolescenti nel movimento, che considera il "frutto di una costruzione di oltre trent'anni di femminismo, di una tradizione di tre decenni di Encuentros de Mujeres e di un modo orizzontale, federale e autonomo di fare politica ".

Movimenti moderni di spicco includono la campagna Ni Una Menos e le manifestazioni a favore della scelta. Ni una menos nasce dall'uccisione di Lucia Perez e dal problema più ampio del femminicidio in Argentina. I moderni raduni a favore della scelta derivano generalmente da questioni relative alla sicurezza delle donne. Ad esempio, alla fine del 2018, una bambina di 11 anni è rimasta incinta e successivamente ha rifiutato l'accesso a un aborto. Il segretario provinciale alla salute, Gustavo Vigliocco, ha difeso questa decisione, sostenendo che la ragazza e la sua famiglia volevano il bambino. Alla fine, la ragazza ha dovuto avere un taglio cesareo d'emergenza, 23 settimane dopo la sua gravidanza.

Modellato sul passato del foulard triangolare del movimento delle madri, il fazzoletto verde o pañuelo verde è iniziato come un simbolo usato nei raduni a favore della scelta, ma si è ampliato nel significato per essere simbolico del movimento femminista nel suo insieme. L'uso del fazzoletto verde come distinzione femminista è diventato immensamente popolare nel 2018 ed è diventato parte dell'immaginario sociale del paese . È tradizionalmente indossato intorno al collo durante le dimostrazioni femministe, ma ora può essere visto ogni giorno appeso a borse, zaini, balconi o addirittura usato intorno al polso o per legare i capelli. 

Data l'eterogeneità dell'attuale femminismo argentino, all'interno del movimento sono sorti conflitti e dibattiti. Uno dei più importanti è quello che si riferisce al lavoro sessuale e alla prostituzione . Questo dibattito è salito all'ordine del giorno a causa della partecipazione di figure chiave fortemente investite sulla questione: da un lato attivisti per le lavoratrici del sesso e, dall'altro, diversi leader di spicco del movimento LGBT che sostengono l' abolizione del lavoro sessuale.

Africa ed Asia

Le lotte femministe avvenute in civiltà diverse da quella occidentale si confusero spesso con altre lotte. Così, le donne asiatiche durante il XIX e all'inizio del XX secolo, quando cominciarono a ribellarsi, lo fecero contro il razzismo e l'imperialismo rappresentato dal dominio del colonialismo europeo.

Mentre le femministe europee lottarono per l'uguaglianza di genere le donne dei paesi sotto occupazione coloniale occidentale lottarono per ottenere l'indipendenza. In questo contesto, la violenza contro le donne, come lo stupro, rimase spesso correlata allo sfruttamento delle popolazioni indigene da parte dei coloni. È stato lo stesso per le donne delle classi appartenenti al proletariato o per le afroamericane discendenti dagli schiavi negli Stati Uniti (vedi schiavitù negli Stati Uniti d'America), per cui il miglioramento della condizione femminile passò attraverso quella di tutti coloro che vissero in quella medesima situazione economica.

 

Africa subsahariana

Le donne africane prima della fine della seconda guerra mondiale si opposero all'oppressione degli imperi coloniali. mentre i problemi concernenti i diritti delle donne rimasero per lo più ignorati o integrati con lotte di liberazione. I progressi in questo senso e il diritto di voto concesso in Sierra Leone alle donne più ricche nel 1930 rimase un caso più unico che raro.

Al contrario le donne spesso combatterono al fianco degli uomini contro l'amministrazione coloniale. In Senegal si opposero al reclutamento militare forzato durante la seconda guerra mondiale; i Rhodesia l'obbligo di avere un permesso di circolazione scatenò la rabbia delle donne e in Togo le cittadine si rifiutano di pagare le tasse britanniche.

Alle togolesi seguirono l'esempio le donne della Nigeria dove alla fine del 1920 le suffragette si confrontarono con l'amministrazione inglese. Nel 1940 le nigeriane si organizzarono in associazione e furono guidate da Funmilayo Ransome Kuti (1909-78) creando nel 1946 l'"Abeokuta Women's Union".

Come accadde anche in Nordafrica le donne furono spesso coinvolte nelle lotte nazionali per l'indipendenza, in organizzazioni clandestine in Tanganica sotto la guida carismatica Bibi Titi Mohammed, o nei territori dell'Africa Occidentale Francese e nell'Africa Equatoriale Francese in cui si vide lo sviluppo di un movimento transnazionale, il "Rassemblement démocratique africain" (RDA) attraverso le donne come Aoua Keïta del Mali o Célestine Ouezzin Coulibaly dell'Alto Volta Francese.

Nel 1959 nei paesi dell'Africa occidentale facenti parte della Comunità francese diverse donne si unirono nelle dell'"Union des femmes de l'Ouest africain" la quale chiese l'abolizione della poligamia, il diritto per le donne di poter ereditare dal loro marito, la creazione di un matrimonio civile, il divieto della prostituzione. Tutto ciò andò di pari passo con la lotta contro la discriminazione e per l'uguaglianza di genere.

Tale femminismo si tenne a distanza dal suo equivalente occidentale, considerato essere come una forma di colonialismo. Questo è il motivo per cui nel 1977 a Dakar è stata creata l'"Association des femmes africaines pour la recherche et le développement" la quale annuncio la nascita del "femminismo decolonizzato".

Anche il termine stesso di femminismo è criticato e alcuni cercano di sostituirlo; così ad esempio l'autrice nigeriana Molara Ogundipe-Leslie (1940- ) utilizza il neologismo "stiwanism" che significa "trasformazione sociale comprendente le donne africane", mentre la romanziera Calixthe Beyala parla di "femminilità" e altri ancora si riferiscono a "womanism".

Ne consegue che il femminismo non è una realtà simile a quella del mondo occidentale e autrici come la specializzata in antropologia Gwendolyn Mikell può scrivere nel 2003 che "il femminismo africano sta nascendo" (sto osservando la nascita del femminismo nel continente africano).

Nordafrica​

Nei partiti clandestini si organizzarono contro l'occupazione europea le donne, in numero limitato in un primo momento, trovarono il loro posto e poterono creare associazioni femministe. Nell'Algeria francese Mamia Chentouf fu la Mujaheddin responsabile per l'unità combattente delle donne all'interno del "Partito popolare algerino" e fu un membro attivo dell'"Associazione delle donne musulmane algerine".

In Marocco, allora protettorato dell'Impero coloniale francese Malika al-Fassi rivendicò il diritto all'istruzione femminile. Tuttavia le rivendicazioni femministe furono piuttosto silenziose e assunsero un ruolo di secondo piano dietro la lotta contro il colonialismo.

Se correttamente espresse in quanto idee femministe, le donne provenienti dal Nord Africa si interessarono maggiormente alle questioni matrimoniali e a quelle inerenti al velo islamico (lo Hijab). Questi due temi rimasero collegati anche alle altre rivendicazioni femministe delle donne interessate, quali la poligamia, la prostituzione e l'educazione dei bambini.

Djamila Bouhired

Djamila Bouhired (in arabo: جميلة بوحيرد,; Algeri, c.a. 1935) è un'attivista algerina che si oppose al dominio coloniale francese. Cresciuta in una famiglia benestante da madre tunisina e padre algerino, ha frequentato una scuola francese in Algeria. Ha partecipato al Fronte Nazionale della Liberazione (FNL) algerino mentre era una studentessa. Lavorò come addetta alle pubbliche relazioni e assistente personale del comandante Yacef Saadi del Fronte di Liberazione Nazionale (FNL) in Algeri.

 
Tunisia

Nel 1856 lo storico e pilitico Ahmad ibn Abi Diyaf segnò gli inizi del femminismo tunisino grazie alla sua Epître de la femme.

Bchira Ben Mrad (1913-993) fondò e presiedette l'"Union musulmane des femmes de Tunisie" dal 1936 al 1956. Nel 1956 il Codice dello statuto della persona abolì la poligamia e istituì il divorzio giudiziario. L'"Union nationale de la femme tunisienne" venne creata nel 1956 da militanti del partito politico Neo-Dustur, tra cui le due sorelle Chadlia e Saïda Bouzgarrou (nipoti di Habib Bourguiba), da Fethia Mzali e da Radhia Haddad; essa è diventata la principale organizzazione femminista in Tunisia.

Nel 1965 sono adottati ulteriori riforme: la parità di retribuzione, l'obbligo scolastico per bambine e bambini dai 6 ai 12 (poi allungato fino a 16) anni e interventi legislativi contro il velo islamico. L'aborto è stato legalizzato nel 1973 e praticato gratuitamente fino a tre mesi di gravidanza. Nel 1985 la Tunisia ha ratificato la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna.

Nel 1994 l'"Association tunisienne des femmes démocrates", compresa la sua presidentessa, l'avvocato Sana Ben Achour (1955- ), ha denunciato l'oppressione patriarcale delle donne. Le donne hanno cercato di ribellarsi all'idea predominante ufficiale e sono state rapidamente richiamato all'ordine, anche attraverso un rigoroso controllo censorio da parte delle autorità nei confronti della stampa.

 
Egitto

Nell'antico Egitto le donne furono uguali agli uomini in base alla legge. Esse furono in grado di gestire il proprio patrimonio, di divorziare, intentare un processo, raggiungere posizioni importanti; in sintesi ebbero uno status molto "moderno" rispetto alle donne del loro tempo in altre società. Con la conquista del paese del paese da parte dei Romani (vedi Egitto romano) e di altre civiltà, le donne perdettero gradualmente i propri diritti. La rappresentanza delle donne nei quadri dirigenti è un indizio interessante: la donna verrà rappresentato in misure sempre minori dal 2000 a.C. in poi, fatto questo che illustra bene il declino progressivo del loro status.

In epoca contemporanea le egiziane furono - in Nordafrica, tra le più accese nel dimostrare al fianco degli uomini che chiedevano l'indipendenza dal dominio straniero, prima nel Chedivato d'Egitto, poi nel Sultanato d'Egitto e infine nel Regno d'Egitto.

Nel 1899 Qasim Amin, considerato l'autentico "padre fondatore" del femminismo islamico, scrisse The Liberation of Women, sostenendo le riforme legali e sociali per le donne. Riflessioni sul ruolo delle donne, condotte principalmente, ma non esclusivamente, dalle esponenti del femminismo islamico al di fuori dei salotti privati furono ampiamente disponibili per tutti gli anni dieci; vennero ad riecheggiare la pubblicazione, considerata all'epoca assai controversa, di Amin.

Il partito Wafd venne creato nel 1920, il suo ramo femminile segna l'importanza delle donne nelle organizzazioni a favore dell'indipendenza. Questi attivisti spesso aderirono al marxismo, o almeno a un'ideologia vicino alla sinistra politica e il loro obiettivo primario divenne ben presto quello di sviluppare l'istruzione femminile, fatto che venne veduto come la base per la loro inclusione nella vita sociale e politica. Al momento dell'indipendenza le donne che cercarono maggiori diritti furono considerate agenti e spie dei francesi, "hizb al-Fransa" (il partito della Francia).

L'avvocatessa Hoda Sha'rawi (1879-1947) fondò l'"Unione femminista egiziana" nel 1923, ne divenne presidente e presto un vero e proprio simbolo vivente del movimento arabo femminista il quale cominciò ad essere però sempre più strettamente collegato al nazionalismo arabo. Sha'rawi osò compiere il gesto simbolico di togliersi il Hijab in pubblico.

Autrice di una tesi sulla storia della donna nell'Islam Doria Shafik (1908-75) riprese la lotta dirigendo una rivista femminista. Fondò un partito politico, "Bint El Nil" (figlia del Nilo) e organizzò una dimostrazione di 1.500 donne davanti all'Assemblea del Popolo chiedendo il diritto di voto. Esso verrà concesso la settimana successiva, ma Doria fu fatta incarcerare dopo l'avvento di Gamal Abd el-Nasser.

Nel 1956 il governo dell'allora presidente dell'Egitto Nasser avviò un suo personale programma di "femminismo statale", che bandì la discriminazione basata sul sesso e concesse il suffragio femminile. Ma nonostante queste riforme, il cosiddetto "femminismo statale" bloccò completamente l'attivismo politico femminista e portò all'estinzione della prima ondata femminista in terra d'Egitto.

Nel corso degli anni settanta la scrittrice e psichiatra Nawal al-Sa'dawi venne fatta licenziare dal suo incarico presso il Ministero per aver pubblicato Les femmes et le sexe, un testo che si occupava di sessualità in rapporto alla religione e dell'escissione della clitoride, entrambi argomenti tabù nel paese. L'escissione è stata proibita per decreto solamente nel 1996. Secondo l'Unicef ancora nel 2012 il 91% delle donne adulte hanno subito una tale mutilazione genitale femminile, ma solo il 16% delle ragazze l'ha subita dopo la sua interdizione.

Durante la presidenza di Anwar al-Sadat (che verrà assassinato da un estremista nel 1981 per aver firmato gli accordi di Camp David con Israele) sua moglie, la first lady Jehan Sadat, sostenne pubblicamente l'espansione dei diritti delle donne, anche se la politica e la società egiziane indietreggiarono davanti alla richiesta di parità femminile gper colpa del nuovo movimento dell'islamismo e il sempre crescente conservatorismo. Tuttavia alcuni scrittori, come per esempio Al Ghazali Harb, hanno sostenuto che la piena uguaglianza femminile costituisce una parte importante della politica dell'islam.

Questa posizione ha contribuito alla creazione di un nuovo movimento femminista che è attivo ancora ai giorni nostri.

 

Medio Oriente

All'inizio del XX secolo sorsero diverse associazioni femministe nella regione del Medio Oriente i quali si basarono sulle idee sviluppate in Europa. Quando i movimenti di indipendenza nazionali divennero sempre più importanti, questi gruppi femministi parteciparono alle lotte contro le potenze occupanti. Quando si formarono i nuovi stati, si cercò di recuperare anche le varie richieste delle donne. Tuttavia il discorso ufficiale sul miglioramento della condizione femminile si trovò spesso in contrasto con le azioni reali dei funzionari eletti i quali cercarono anche di compiacere le opinioni più conservatrici e religiose.

Come si ritrovarono soggette al discorso ufficiale dello Stato il quale alla fine non corrispondeva ai loro desideri le donne, dal 1990 in poi, provarono a difendere le proprie idee partecipando ai movimenti indipendenti contro il potere vigente. Questi non furono propriamente dei gruppi femministi, ma il posto delle donne nella società vi appare come un elemento essenziale delle loro teorie. A partire dai primi anni del XX secolo le rivendicazioni riguardarono l'accesso all'istruzione femminile, alla rappresentanza delle donne in posizioni di potere, all'acquisizione di nuovi diritti ecc.

 
Turchia

La Turchia è anche un paese dove i movimenti femministi hanno avuto un ruolo storico fondamentale e dove tutt’oggi costituiscono una delle parti più attive della società civile.

Çağla Diner e Şule Toktaş, rispettivamente sociologa e docente di scienze politiche dell’Università Kadir Has di Istanbul, suddividono la storia del movimento femminista turco in epoca repubblicana in tre fasi distinte. La prima è quella delle origini, del kemalismo agli albori della repubblica, che per le donne ha significato soprattutto rivendicazione dei diritti pubblici e politici. La seconda è consistita nella svolta degli anni Settanta e Ottanta, in un femminismo più radicale che non si limita più soltanto ai diritti pubblici, ma reclama anche quelli privati e attacca soprattutto il patriarcato radicato nella società turca. Infine gli anni Novanta e quelli successivi, della nascita del femminismo identitario, legato soprattutto ai movimenti curdi da un lato e a quelli islamici dall’altro.

Il movimento femminista curdo punta il dito sia contro lo sfruttamento sperimentato all’interno della società curda, patriarcale e tribale, sia contro l’autoritarismo centralizzante dello Stato turco.

La contestazione femminista in seno ai movimenti islamisti, impegnati a chiedere più libertà religiosa e il ridimensionamento della rigidità del secolarismo di Stato, cerca invece di conciliare le istanze femministe con i valori dell’islam. La lotta contro il divieto di indossare il velo nelle università diviene il principale cavallo di battaglia, ma non solo: le donne contestano l’abuso che la società maschile ha fatto del Corano, utilizzato per imporre il dominio sulla donna e confinarla nella sfera domestica e privata.

Entrambe le correnti criticano il femminismo turco di tradizione kemalista per il suo carattere etnocentrico e per avere ignorato sia la questione identitaria, sia i problemi di quelle donne che vivono nelle zone di conflitto del Paese, in particolare nel Sudest. Il femminismo turco, dominato da donne essenzialmente occidentalizzate, appartenenti alla classe media e al tessuto urbano, etnicamente turche e con accesso a un’educazione superiore, viene così sfidato da donne di origini periferiche e con uno status socioeconomico inferiore.

Va notato anche che la terza fase del femminismo turco vede l’emergere del ruolo delle organizzazioni internazionali e, più in generale, un’internazionalizzazione delle istanze femministe.

Indipendentemente dalle divisioni interne ai movimenti femministi turchi, l’8 marzo è per le donne anatoliche un giorno di mobilitazione, anche se spesso nel corso della storia ha affrontato momenti tumultuosi, compresi i giorni nostri, in cui le dimostrazioni sono state bandite dalle autorità o aggredite da gruppi di uomini inferociti. Anche le misure speciali dello stato di emergenza in vigore dopo il tentato golpe del 2016 sono state usate dai governatori di alcune province turche per impedire lo svolgimento dei cortei dell’8 marzo, quando le donne marciano da sole per reagire alla consuetudine patriarcale che vuole la donna sempre accompagnata da un uomo, e colorano le strade cittadine di viola.

Secondo il rapporto 2016 del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, che raccoglie dati da 188 nazioni, la Turchia è al 69° posto nella graduatoria della disparità di genere (Gender Inequality Index) e al 71° in quella dello sviluppo di genere (Gender Development Index).

WorldAtlas colloca la Turchia al 6° posto tra i Paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nella classifica della disuguaglianza salariale di genere: mentre un uomo turco guadagna in media 24.200 euro, una donna ne guadagna appena 7.500. Tra i vari fattori che sfavoriscono le donne è indicato il più basso livello di educazione a cui hanno mediamente accesso, che impedisce loro di raggiungere i posti di lavoro meglio retribuiti che restano appannaggio degli uomini.

Infine, secondo la classifica del Gender Gap 2017 stilata dal World Economic Forum, la Turchia si trova al 131° posto su 144 Paesi esaminati.

Se da un lato certi numeri, e soprattutto certe classificazioni, vanno presi con le pinze a causa delle scelte metodologiche che ne sono alla base, il sentore generale è quello di un Paese che ancora fatica a riconoscere alle donne un ruolo paritario rispetto agli uomini.

Ma quali sono le battaglie e le iniziative delle donne turche?

Uno dei temi centrali è quello della lotta alla violenza di genere, in particolare quella che si consuma tra le mura domestiche. Nel 1990 è stata fondata Mor Çati (Tetto viola), un progetto che mira principalmente a creare una rete di consultori per dare aiuto alle donne vittime di abusi. Il portale Bianet oggi dedica al tema un dossier costantemente aggiornato, denominato Monitoraggio della violenza maschile, con dettagliati report mensili che raccontano, ad esempio, come solo nei primi 6 mesi del 2018 siano state uccise 120 donne.

Un’altra battaglia storica è quella contro le spose bambine e i matrimoni forzati. Il Centro consultivo delle donne (Kamer) è attivo in 40 delle 81 province turche, soprattutto nel Sudest, dove la percentuale di matrimoni imposti, che coinvolgono anche bambine di meno di 12 anni, è calata da oltre il 50% a fine anni Novanta al 33-35% di oggi. Un sostanziale miglioramento che, al tempo stesso, indica quanto la strada da compiere sia ancora lunga.

La battaglia sui diritti religiosi sembra invece avere avuto successo con l’avvento di un governo di stampo marcatamente islamico conservatore come quello di Recep Tayyip Erdoğan. Oggi le donne possono entrare velate nelle università, negli ospedali, nei tribunali e in parlamento, diversamente da quanto accadde nel 1999 a Merve Kavakçi quando, eletta parlamentare, le fu impedito di prestare giuramento alla Repubblica a causa del velo indossato. Ma soltanto nel marzo 2018 una donna, la professoressa Huriye Martı, è riuscita a diventare vicepresidente del Direttorato per gli affari religiosi (Diyanet), il potente ministero fondato nel 1924. «Le donne musulmane continueranno a chiedere più diritti, che considerano garantiti da Dio, ma sottratti loro dall’interpretazione patriarcale dell’Islam» scrive in quei giorni la giornalista Riada Ašimović Akyol.

Quello dell’adulterio e della sua criminalizzazione è un altro tema destinato a restare rovente nel dibattito turco. Nel 2004 il primo governo Erdoğan depenalizzò il reato di adulterio, in ossequio a una sentenza costituzionale del 1996 che aveva dunque atteso 8 anni prima di veder nascere una legge con essa coerente, tra l’altro, con quelle che erano le indicazioni dell’Unione Europea nel quadro dei negoziati di adesione. Ma il 20 febbraio 2018 è lo stesso Erdoğan ad annunciare una retromarcia: «Facciamo autocritica, abbiamo sbagliato nel corso del processo UE. Dobbiamo riformulare una legge in tema di adulterio e magari riconsiderarlo unitamente al tema delle molestie. In questo la Turchia è diversa da molti Paesi occidentali». L’annuncio ha provocato indignazione in tutte le organizzazioni e i movimenti femministi e spinto molte donne in strada a protestare.

Ma le lotte femministe, oltre che in campo sociale, proseguono anche in quello economico, ad esempio con BizBizze, un’organizzazione che promuove l’attivismo economico al femminile in un Paese in cui «le donne rappresentano soltanto l’8% del mondo imprenditoriale e il 28% della forza lavoro». Fondata nel 2017, BizBizze si rivolge alle donne che vogliono migliorare la propria vita lavorativa e le proprie condizioni economiche e offre servizi di consulenza e sostegno all’avvio dell’impresa.

Anche nel giornalismo, uno dei temi più delicati nella Turchia di oggi, le donne cercano di ritagliarsi un ruolo di primo piano. L’agenzia stampa Jinha e il portale d’informazione Jin News sono iniziative giornalistiche multilingue (turco, curdo, inglese, arabo e zaza) gestite esclusivamente da donne. “Jin” significa infatti “donna” in lingua curda. Legate al movimentismo della sinistra curda, queste iniziative sono fortemente ostacolate dal governo centrale, che le accusa di collusione con il terrorismo. I portali sono bloccati in Turchia e non raggiungibili senza accorgimenti tecnici come i VPN (Virtual Private Network) per aggirare la censura, mentre diverse reporter sono tutt’oggi in carcere.

Donne Senza Confini (DSC) è invece un gruppo di solidarietà consolidatosi allo scopo di accrescere la consapevolezza attorno ai problemi affrontati dalle donne migranti. È priorità di DSC portare a galla la discriminazione e le violenze che le donne migranti affrontano nelle strade, sul luogo di lavoro, nelle istituzioni pubbliche e sviluppare politiche per affrontarle.

Anche il mondo dell’arte turco si mobilita al femminile con numerose iniziative. Una di queste è il Film Mor Festival, gestito dalla Cooperativa femminile Filmmor fondata nel 2001. Promuove il cinema per quelle donne che vogliono produrre, concorrere, recitare e sognare e per aumentare il coinvolgimento femminile nel mondo della pellicola. Film Mor è un festival annuale itinerante con un percorso che tocca numerosissime città della Turchia. L’edizione 2018 ha portato in dote 48 film locali e internazionali in moltissime lingue ed è sempre accompagnato da workshop, gruppi di discussione e mostre fotografiche.

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Iran

Il movimento iraniano per i diritti delle donne emerse un po' dopo la rivoluzione costituzionale persiana, nell'anno in cui venne pubblicata anche la prima rivista femminile, il 1910. Il movimento proseguì la propria opera fino al 1933, quando l'assemblea delle donne venne sciolta dal governo dello scià di Persia Reza Shah Pahlavi.

La prima ondata femminista iraniana riuscì a crescere sotto la guida e grazie al contributo dato da figure femministe come Bibi Khanoom Astarabadi (1859–1921), Touba Azmoudeh (1878-1936), Sediqeh Dowlatabadi (1882-1962), Mohtaram Eskandari (1895–1924), Roshank No'doost (1899-?), Afaq Parsa (1899-?), Fakhr osma Arghoun (1899-1966), Shahnaz Azad (1901-1961), Noor-ol-Hoda Mangeneh (1902-?), Zandokht Shirazi (1909-1953), Maryam Amid (Mariam Mozayen-ol Sadat, ?-1919).

Lo status delle donne però si deteriorò ulteriormente a seguito della rivoluzione iraniana del 1979 capitanata dall'ayatollah Ruhollah Khomeyni. Molti dei diritti che le donne avevano già acquisito sotto gli Scià furono quasi subito sistematicamente aboliti attraverso un'opera di riscrittura dell'intera legislazione, come l'obbligo del hijab.

Nel 1992 la giornalista Shahla Sherkat fondò la rivista Zanan (donne), che si occupò delle preoccupazioni delle donne iraniane e testò i confini politici con reportage assai critici sulla politica di riforma attuata, l'abuso e la violenza domestica e la sessualità. Esso risultò essere il più importante giornale femminile pubblicato dopo la rivoluzione; criticò sistematicamente il codice giuridico islamico sostenendo che la parità e l'uguaglianza di genere è stata misconosciuta dalla letteratura persiana e finanche da quella religiosa e travisate dagli uomini affetti da misoginia cronica.

L'attivista Mehangiz Kar (1944- ), la scrittrice e traduttrice Shahla Lahiji (1942- ) e la giornalista Shahla Sherkat (1956- ), quest'ultima anche editrice di Zanan, guidano attualmente il dibattito concernente i diritti delle donne e hanno richiesto delle pronte riforme.

Il 27 agosto del 2006 è stata avviata la campagna militante sui diritti delle donne iraniane giungendo a raccogliere più di un milione di firme; essa ha lo scopo precipuo di porre fine alla discriminazione legale contro le donne presente ancora massicciamente nella legislazione iraniana, raccogliendo più un milione di firme. I sostenitori della campagna comprendono molti attivisti dei diritti delle donne iraniane, attivisti internazionali e vincitori del Premio Nobel. Le più importanti figure femministe post-rivoluzione comprendono oltre alle succitate Kar e Sherkat, anche Azam Taleghani (1944- ), la scrittrice giornalista Parvin Ardalan (1967- ), Noushin Ahmadi khorasani e l'avvocatessa Shadi Sadr (1974- ).

 

Resto dell'Asia

India

Le donne in India nel corso del XIX secolo riescono ad ottenere alcuni diritti, come l'abolizione del matrimonio infantile e il diritto all'istruzione femminile, che fino ad allora non erano riconosciuti anche per precise scelte politiche prese dagli uomini. All'inizio del XX secolo le donne parteciparono anche ad azioni anticolonialiste come il boicottaggio dei prodotti britannici.

In questo stesso lasso di tempo venne creata anche la "Women's Indian Association" guidata da Annie Besant; il movimento cercò di migliorare la condizione femminile in vari settori quali sistema sanitario, l'istruzione, il lavoro ecc. Le donne sostennero anche il diritto di stare accanto agli uomini, cosa che alla fine venne loro accordata.

Questo porta nel 1925 all'elezione di Sarojini Naidu, membro della "Women's Indian Association" alla presidenza del Congresso Nazionale Indiano. Le donne furono ben presenti nei movimenti di liberazione come l'Azad Hind Fauj o il "Rashtriya Swayamsevak Sangh". Dopo l'indipendenza raggiunta nel 1947 le donne hanno progressivamente conquistato l'accesso al potere politico, ai lavori amministrativi, alle libere professioni ecc.

Questo non impedisce però l'emergere anche di un movimento femminista nel corso degli anni settanta il quale si manifesta con maggior evidenza soprattutto nell'opera delle Organizzazioni non governative e che si ritrova in tutti gli schieramenti politici, anche se rimane rappresentativo solamente delle classi sociali superiori. Le lotte si concentrano sulla violenza contro le donne, l'aborto forzato quando il feto è quello di una femmina, le condizioni occupazionali, il problema della dote ecc. Nel 1977 i militanti dello Janata Party creano un'organizzazione politica femminista, la "Mahila Dakshata Samiti".

Una nuova generazione di femministe indiane è emersa dopo il femminismo globale. Le donne indiane hanno oggi la possibilità di una maggiore indipendenza grazie all'accesso all'istruzione superiore e al controllo dei loro diritti riproduttiviMedha PatkarMadhu Kishwar e Brinda Karat sono lavoratrici sociali femministe e politiche che sostengono i diritti delle donne nell'India post-indipendenza.

Scrittrici come Amrita PritamSarojini Sahoo e Kusum Ansal sostengono le idee femministe nelle numerose lingue dell'IndiaRajeshwari Sunder RajanLeela Kasturi e Vidyut Bhagat sono invece saggisti e critici femministi indiani che scrivono in lingua inglese.

Cina

Il femminismo in Cina è iniziato nel tardo periodo della dinastia Qing, quando la società cinese ha cominciato a riesaminare i valori del tradizionalismo rifacentisi alla dottrina sociale del confucianesimo, come ad esempio le pratica del "Loto d'oro" (la legatura forzata dei piedi) e la segregazione di genere, respingendo così le idee più tradizionali sul ruolo di genere in quanto ostacoli al progresso verso la necessaria modernizzazione.

Considerate fino ad allora esclusivamente come "esseri dell'interiorità" (nei ren) dalla filosofia confuciana le donne ebbero l'obbligo di rimanere ignoranti e "moralmente oneste"; nel corso degli anni 1890 nuove ideologie fondate sul nazionalismo iniziarono ad emergere, basate sul rifiuto di tali valori. Il filosofo e riformatore politico Kang Youwei assieme al suo discepolo Liang Qichao, due figure intellettuali di spicco della Riforma dei cento giorni avviata dall'imperatore della Cina Guangxu, sostennero l'emancipazione delle donne

A partire dal 1898 i riformatori reclamarono il divieto della poligamia, l'istruzione femminile, l'uguaglianza di genere e la fine della pratica del "Loto d'oro" la quale aveva privato per secoli le donne dell'autonomia e della mobilità. Le riformatrici formarono la prima società cinese femminile, la "Società per la diffusione della conoscenza tra le donne cinesi" (Nüxuehui).

Dopo il crollo della dinastia Qing avvenuta nel 1912 i missionari occidentali con le loro mogli cominciarono a creare le prime scuole rivolte espressamente alle ragazze, in precedenza da sempre escluse dall'istruzione pubblica; tuttavia l'obiettivo fu quello di mettere la donna al servizio della modernità, piuttosto che puntare su un'autentica "liberazione femminile" dai vincoli sociali e familiari. Proprio l'istruzione, assieme all'influenza occidentale e al pensiero democratico, porterà all'inizio del XX secolo alla nascita dei primi movimenti femministi.

Le donne parteciparono attivamente al rovesciamento della dinastia imperiale e fecero parte integrante del nazionalista Movimento del 4 maggio 1919 studentesco il quale, con la partecipazione del "Movimento per una nuova Cultura" propose la liberazione delle donne quale uno dei suoi principali obiettivi Comparvero così le prime associazioni miste studentesche.

Le rivendicazioni femministe riguardarono la libertà di poter scegliersi il proprio marito, l'indipendenza dall'oppressivo ambiente familiare e il diritto di circolare liberamente. Ma le donne rimasero ancora escluse dalla vita politica e solamente il Partito Comunista Cinese le accolse fin dalla propria fondazione nel 1921.

Più tardi la rivoluzione comunista del 1949 adottò la liberazione delle donne come uno dei suoi obiettivi e promosse l'uguaglianza femminile, in particolare per quanto riguardava la partecipazione delle donne alla forza lavoro; sotto la direzione del partito venne fondata la "Federazione nazionale delle donne democratiche della Cina". La "Legge sul matrimonio" del 1950 stabilì il libero consenso di entrambi i coniugi, vietò la pratica dell'intercessione da parte di un terzo e concesse alle donne gli stessi diritti sociali degli uomini.

Dopo la rivoluzione e il progresso nell'integrazione delle donne in ambito lavorativo il Partito Comunista Cinese affermò di aver raggiunto con successo l'obiettivo della liberazione delle donne e da allora in poi la disuguaglianza di genere non è più stato visto come un problema da dover affrontare e risolvere.

Durante la Rivoluzione culturale (1966-9) lo Stato creò l'asilo nido per facilitare ed alleggerire il lavoro domestico alle madri impegnate; tuttavia anche se rimase molto presente nel discorso politico dal 1949 e fino alla morte di Mao Tse Tung avvenuta nel 1976 la lotta per l'uguaglianza di genere venne rappresentata come una mera estensione della lotta di classe e non come la difesa delle donne in quanto individui o come gruppo sociale. Il femminismo venne ampiamente strumentalizzato, nelle misure concrete di convivenza si ripropose la divisione sessuale del lavoro, così come pure all'interno dello stesso Partito]; la morsa partitica sulla Federazione delle donne" è un esempio notevole di quanto uno Stato possa dettare gli imperativi ideologici.

La seconda ondata femminista e la terza ondata femminista in Cina sono state caratterizzate da un riesame critico dei ruoli femminili svolti durante i movimenti di riforma dell'inizio del XX secolo e dei modi in cui il femminismo è stato adottato da questi vari movimenti per raggiungere i propri obiettivi. Le femministe successive e quelle attuali hanno rimesso in discussione il fatto se l'uguaglianza sociale sia stata realmente realizzata ed hanno cominciato a discutere i problemi attuali del ruolo di genere, come la grande disparità di genere presente nella popolazione a causa della "politica del figlio unico".

La politica di apertura e liberalizzazione avviata da Deng Xiaoping ebbe effetti negativi sulla condizione femminile lavorativa; con la fine del lavoro garantito a vita da parte dello Stato si è cominciato ad assistere a nuove forme di discriminazione: licenziamenti in massa delle donne, molestie sessuali, discriminazione salariale. La "Legge sulla tutela degli interessi e dei diritti delle donne" è stata promulgata nel 1992; dopo la 4° conferenza mondiale sulle donne del 1995 svoltasi proprio a Pechino ha preso il via una nuova mobilitazione femminista con la creazione di organizzazioni non governative indipendenti.

La loro lotta si basa principalmente contro la violenza domestica, l'educazione delle donne rurali e l'attuazione del programma di genere nelle scuole. In un paese dove qualsiasi forma di manifestazione del dissenso rimane illegale si organizzano eventi culturali (come ad esempio l'adattamento cinese de I monologhi della vagina), campagne di sensibilizzazione sulla contraccezione ed altri temi femministi.

Il margine di manovra di queste ONG sono limitate da due fattori; l'ostilità del Partito di fronte alle singole iniziative le quali vengono tradizionalmente considerate come "sovversive" e il rischio sempre presente di un recupero da parte dell'ideologia dominante, in ragione del passaggio quasi obbligato attraverso la mediazione della "Federazione" nella speranza di poter influenzare la politica statale.

 
Corea del Sud

Il femminismo in Corea del Sud nacque durante gli anni del colonialismo giapponese (1910-45). Nonostante le diverse lotte sociali sostenute dai movimenti al suo interno, le donne entrarono ufficialmente a far parte della società nel 1948, quando il suffragio femminile venne incluso nell'articolo undici della Costituzione nazionale. La Costituzione diceva "Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, non vi devono essere discriminazioni politiche, economiche, sociali o culturali riguardanti il sesso, la religione o lo status di una persona".

Il femminismo riuscì ad emergere nonostante i drastici cambiamenti economici, implementati grazie alla industrializzazione economica e alla globalizzazione; i valori culturali sudcoreani invece subirono pochi cambiamenti.

Mentre oggi in Corea del Sud sono presenti alcuni movimenti femministi fondati prima della seconda guerra mondiale e dopo il 1945, molti di questi gruppi non erano focalizzati solo sui diritti delle donne fino alla metà del 1980. Il femminismo contemporaneo, presente in Corea, può ricollegarsi al movimento Minjung Feminism, nato durante la colonizzazione ovvero tra il 1910 e il 1945. L'inizio di questo movimento è caratterizzato da un aspetto molto importante: le lotte delle lavoratrici per i sindacati democratici. Esso è inoltre sezionabile in quanto esistono diversi aspetti del femminismo; quello teorico, pratico e organizzativo. Il Minjung Feminism esercitava una maggiore influenza sulle intellettuali e organizzatrici femministe. Tra le più importanti troviamo Choi Soon Young e Hang Mi Young che vinsero la posizione di legislatori regionali.

Questa corrente di pensiero nel 1970 venne brevemente influenzata dai movimenti femministi occidentali, in particolar modo da quello statunitense. Tuttavia, nel 1980, organizzazioni di donne radicali cominciarono a resistere all'influenza del femminismo americano concentrandosi soprattutto su questioni come diritti umani e sulla riunificazione piuttosto che uguaglianza di genere. Sotto l’oppressiva occupazione nipponica che occupò la Corea del Sud dal 1910 al 1945, le donne coreane aderirono attivamente alla lotta nazionalista e formarono organizzazioni segrete sotterranee, di cui le più importanti la Songjuk-Hoe (1913) e la Kun’u-Hoe (1927).

Quest’ultima ha annunciato in una conferenza del 1928 l’indipendenza nazionale come obiettivo primario dell’organizzazione.

Le studentesse femministe concordarono sul fatto che queste organizzazioni segnalarono l'inaugurazione di un movimento coreano organizzato da donne, come il movimento Minjung anch'esso iniziato come risposta al colonialismo giapponese, si ripropose successivamente tra il 1961 e il 1992. Questo movimento ha combattuto per la liberazione dall'oppressione del lavoro forzato e ad esso contribuirono studenti, provinciali, lavoratori e intellettuali. Durante gli anni tra il 1961 e il 1979, sotto il regime del generale Park Chung Hee, il lavoro femminile (o Yo'Kong) era svolto da ragazze provenienti per lo più dalle provincie che furono costrette a lavorare in fabbriche di tessuti, elettronica, indumenti, materie plastiche e alimentari. Queste donne soffrivano date le difficili condizioni lavorative infatti i loro dormitori erano costituiti da materassi condivisi e situati all'interno della fabbrica, venivano pagate con bassi salari e spesso venivano molestate sessualmente.

Per la prima volta nella storia della penisola nel 1972 una donna fu eletta come presidente del movimento di unione democratica e lo mantenne in vita per i sei anni successivi, prima che esso venga ufficialmente chiuso dal governo. Nel 1980 sotto il generale Chun Doo Hwan venne sciolto un altro importante movimento, il Chunggye Pibok. A metà degli anni '80 vi fu anche un periodo di turbolenza politica e di riforme: la partecipazione delle donne nei movimenti studenteschi e nei sindacati rafforzò il movimento femminista. In questo periodo inoltre si assiste alla creazione di un istituto di ricerca femminile fondato dall'Ewha University ovvero la prima università femminile coreana. Nel 1985 vi fu un dibattito nazionale femminista il cui tema era "Il Movimento Femminile in unione con il Movimento Democratico Nazionale Minjung." Successivamente nel 1986, date le torture e gli stupri subiti dalla lavoratrice Kwon In Suk da parte della polizia di Buchon, le donne si unirono e formarono il movimento KWAU (Korean Women's Associations United) che fu creato dall'unione di altre 33 organizzazioni. La partecipazione del Korean Women's Association United in proteste nazionali ha forzato il generale Chun Doo Hwan a dimettersi, ed il suo successore a indire delle elezioni presidenziali dirette.

Dal 1987 le donne costituivano il 55% della forza lavoro, il servizio delle industrie aveva la più alta percentuale femminile di lavoratori se comparato con il settore dei servizi, degli impiegati e quello manifatturiero. Nello stesso anno venne fondata la KWWA (Korean Women Workers Association) in risposta alla discriminazione di genere nella forza lavoro, questa associazione fu essenziale per proseguire la campagna sui diritti delle donne dopo la riforma democratica e politica che avvenne nel paese. Tutt'oggi il KWWA combatte per una giornata lavorativa di otto ore, salari più alti, protezione della maternità, porre fine alla discriminazione sessuale sul posto di lavoro e anche alla violenza sessuale contro le donne in Corea. Le sue sedi sono sparse su tutto il territorio coreano; sono principalmente a SeoulPusanBuchonInchonChangwonMasan e Kwanju.

 I movimenti femministi sono stati di vitale importanza per portare alla luce i crimini commessi contro le donne nelle forze armate e hanno fornito supporto per le comfort women. Tra queste donne le superstiti provenivano per lo più dalla Corea e da altri territori occupati dall'Impero giapponese come le Filippine e il Taiwan. Grazie alle comfort women il centro di soccorso coreano contro la violenza sessuale e le Associazioni Femminili Unite riuscirono a presentare una testimonianza alla commissione diritti umani delle Nazioni Unite nel 1993. Tale testimonianza comprendeva anche le loro richieste per porre fine alla violenza subita dalle donne in campo militare e durante la guerra.

 

Il KWAU

La KWAU o Korean Women’s Association United venne fondata nel febbraio del 1987. Era costituita dall'ala femminista sinistra pro-lavoratrice risvegliata dalle accuse di molestie sessuali portate da Kwon In Suk contro il governo coreano. Le donne coinvolte erano un gruppo diverso di operaie, impiegate, casalinghe, studentesse universitarie e donne povere e rurali che abitano in città.

KWAU era collegata al movimento Minjung e anche al Movimento Nazionale Democratico. Inizialmente vi erano 21 associazioni in corea del sud che successivamente si unirono per creare la Korean Women's Association United. Alcune delle organizzazioni originali del KWAU includevano l'Associazione della Democrazia Femminile, la Korea Women's Hot Line, la Women's Newspaper (ora chiamato Women's News), la KWWA, la Korean Catholic Farmers, la Women's Committee e altre. La KWAU era particolare perché al contrario degli altri gruppi femministi, prendeva posizione contro lo stato repressivo di Chun Doo Hwan. Questa associazione aiutò le organizzazioni individuali sotto il suo patrocinio ad ottenere supporti finanziari, condusse riunioni a nome dei gruppi e organizzò corsi di leadership.

Korean Women's Association United lavorò non solo per portare le donne sullo stesso piano degli uomini, ma anche per trasformare le strutture sociali che le opprimevano. La KWAU aiutò a promuovere il congedo per maternità, la risoluzione dei problemi per la cura dei bambini e la distribuzione di uguali paghe per uguale lavoro. La Korean Women's Association United fu anche attiva come riferimento per gli atti di violenza contro le donne. Nell'aprile del 1992, formò una speciale commissione per la legislazione di una legge speciale per la violenza sessuale. Questo portò all'annuncio del governo di “Sostanziali proposte contro la violenza sessuale includendo la legislazione di una legge speciale”.

Questa organizzazione pose l'attenzione anche alla partecipazione delle donne a rappresentazione della politica locale. Entro il 1995, la KWAU portò ad un significativo incremento della partecipazione femminile in politica attraverso il reclutamento e la promozione di candidati di sesso femminile; quattordici su diciassette candidate furono elette quell'anno. Sempre nel 1995, alla KWAU fu garantito lo stato legale da parte del governo.

 

Il KWWA

La KWWA (Korean Women Workers Association o Han'guk Yosong Nodongjahe) è un'organizzazione in Corea del Sud, dedicata a lavorare sui problemi di uguaglianza e a sostenere le donne sul posto di lavoro. Ha lavorato attivamente per migliorare la condizione delle donne nella società coreana, ed ha fornito un sistema di formazione della leadership.

Questa organizzazione controlla anche gli effetti delle politiche di governo sulle donne nel mondo del lavoro. Prima che cambiasse il suo nome, KWWA era la prima associazione delle lavoratrici in Corea del Sud. È un'organizzazione indipendente, fu uno dei primi gruppi a essere inclusi sotto l'organizzazione ombrello dell'associazione unita delle donne coreane (KWAU). In Corea del Sud, prima delle riforma in campo lavorativo, le donne sposate o che avevano dei bambini erano costrette al ritiro. La KWWA è stata fondata nel 1987, al fine di organizzare la presenza delle donne nei sindacati istituzionali, tale sforzo era indirizzato per lo più a tutti i sindacati maschili che ignoravano le riforme, nonostante molte donne ne avessero già aderito. Inoltre per organizzare i colletti blu, l'organizzazione aiutò coloro che erano disoccupati, trovando per loro dei lavori domestici ed altri lavori informali.

Poco dopo la sua creazione, la KWWA ha giocato un grande ruolo nel sostenere l'atto di eguale passaggio nel 1987. Nel 1989, ha inscenato una protesta occupando una fabbrica a Masan. Anche nel 1980, questa associazione era responsabile di alcune fabbriche della Nike, decise però di alzare i salari dei lavoratori nelle strutture di loro proprietà. Nel 1990, hanno aiutato a ottenere la legge sulla cura del neonato. Nel 1993, sul posto di lavoro, ha avuto uno scontro con i centri di guardia in costruzione li vicino. Nel 1996, un ex lavoratrice appartenente al Comitato delle Donne Asiatiche (CAW), Maria Chol-Soon Rhie, divenne il capo dell'organizzazione.

KWWA è stato un esempio per altri paesi asiatici che cercavano di migliorare l'uguaglianza sul lavoro.Nel 2007, l'organizzazione KWWA ha celebrato il suo 20 ° anniversario.

Le Comfort Women

Le Comfort women o donne del comfort erano ragazze costrette a far parte dei corpi di prostitute creati dall’Impero giapponese. I documenti presenti in Corea del Sud affermano che tale organizzazione non fosse volontaria, ee dal 1989 diverse donne testimoniarono che furono rapite dai soldati giapponesi.

 

Il Femminismo moderno coreano

Ci sono generalmente due tipologie di movimenti femminili in Corea, quello radicale e quello riformista. Questi due termini sono diversi nel contesto sudcoreano rispetto al contesto femminista americano o Occidentale. I movimenti femministi della Corea del Sud si concentrano soprattutto sulla modifica del ruolo delle donne nella società. Questi movimenti assomigliano più al femminismo americano, in quanto i loro metodi comprendono attività di lobbying, e l'influenza dei politici e di riforme. Questi gruppi sono i più conosciuti e sono costituiti da donne della classe media che parlano sia coreano che inglese. La maggior parte di essi sono affiliati con il Council of Korean Women's Organization (CKWO); alcuni esempi di organizzazioni conosciute sono: la Young Women Christian Association (YWCA);

 

Il 22 febbraio 1926 si tiene una conferenza presso la Young Women Christian Association (YWCA)

stabilitasi in corea nel 1922, il centro coreano per diritto alla famiglia fondato nel 1954; la Business and Professional Women (BPW); la Korean Association of University Women (KAUW); la Korean National Mother's Association (KNMA) fondata nel 1958 e la federazione coreana delle casalinghe (KFHC) fondata nel 1963.

Le ultime due organizzazioni sono le più grandi avendo rispettivamente 40.000-50.000 membri la prima e oltre 180.000 membri la seconda. La KFHC e la KNMA supportano le modifiche della legge familiare e l'Equal Employment Opportunity Act, che è stato approvato nell'aprile del 1988 e comprende l'uguaglianza per le donne nel collocamento, nelle promozioni, nel pensionamento, nella formazione al lavoro e concede l'indennità per il congedo di maternità. I gruppi radicali hanno criticato questa legge affermando che non ha un "meccanismo per implementazione", mentre i riformisti hanno indicato l'atto come un primo passo e un segno di incoraggiamento per le riforme a venire. Gli sforzi dei gruppi riformisti per cambiare la legge famigliare sudcoreana raggiunsero il culmine con il cambiamento del regime di custodia dei bambini nel 1991, ovvero venne cambiata la legge che dopo il divorzio i bambini dovessero andare obbligatoriamente a stabilirsi col padre.

I movimenti radicali femminili in Corea del Sud si concentrano su questioni riguardanti i diritti umani, molti di questi gruppi sono stati formati durante la fine degli anni '80 in contrasto con i più grandi gruppi riformisti. Si tratta per lo più di questioni come la riunificazione con la Corea del Nord e la prevenzione della tortura dei prigionieri. I metodi includono scioperi, marce e manifestazioni pubbliche. Si può affermare che la parola radicale è usata dato il contesto della società coreana che è molto più oppressivo e conservatore rispetto alla società Occidentale. I gruppi radicali sono anche più giovani rispetto ai riformisti e si compongono di solito da donne ben istruite, della classe media che preferiscono parlare solo coreano, esse di solito sono affiliate con il KWAU. Esempi di organizzazioni radicali sono: la Società delle Donne per la Democrazia che venne fondata nel 1987; Women's Hotline fondata nel 1983, Women's Newspaper fondata nel 1986; Korean Women's Worker Association (KWWA); Korean Catholic Farmers e molte altre organizzazioni religiose.

La società delle Donne per la Democrazia ritiene che le questioni dei diritti umani hanno la precedenza su quelle per la parità dei sessi, mentre l'organizzazione delle Women's Hotline in Seoul si concentra soprattutto su problemi di stupro, prostituzione, discriminazione sul lavoro e abusi domestici. Un'altra importante organizzazione che non è affiliata con i gruppi radicali e riformisti sudcoreani è la Korean League of Women Voters, recentemente le sue attività sono aumentate per incoraggiare la partecipazione femminile tra gli elettori.

Il femminismo in corea del sud è stato diviso anche tra socialismo e marxismo. Le femministe socialiste si concentrano sugli effetti del patriarcato e problemi di genere mentre le femministe marxiste guardano al divario delle classi, ai diritti della donna, alle oppressioni e si concentrano principalmente sui poveri rurali e urbani. Sia le organizzazioni socialiste che quelle marxiste sono combinate per formare una cultura alternativa e centri di ricerca per gli studi femminili in Corea.

Il diritto della famiglia e il confucianesimo sottolineano i rapporti patriarcali in Corea. Molte donne ancora oggi sono limitate nella loro opportunità di lavoro date le aspettative della penisola, nonostante la forte influenza femminista occidentale nel 1970. Il femminismo coreano ha resistito all'influenza americana con la nascita di gruppi femministi radicali, organizzazioni per i diritti delle donne, che sono divise in due categorie: quelli che combattono per i diritti umani e allo stesso tempo per le questioni di genere e altri che si concentrano su questioni dei diritti specifici femminili e sono pro-governo.

 

Giappone

Sebbene la situazione delle donne precedentemente al periodo Meiji (1868-1912) subì molti cambiamenti, questo sin dal XIV secolo, il pensiero generale, influenzato dalla filosofia del neoconfucianesimo, le vide sempre come degli esseri naturalmente inferiori.

Nel 1868, con la restaurazione del potere imperiale e l'inizio del periodo Meiji, permise la comparsa dei primi movimenti femministi organizzati che si opposero principalmente a questo pensiero intriso di tradizionalismoKishida Toshiko (1863-1901) e Kita Kusunose (1836-1920) furono tra le pioniere quando questi primi movimenti sorsero.

Nel 1890 la "Legge sulle riunioni e le organizzazioni politiche" (Shukai oyobi seisha HO 集会 及 び 政 社 法) proibì alle donne di partecipare a qualsiasi associazione di stampo politico. La "Legge sulla polizia e sull'ordine pubblico" del 1900 (Chian keisatsu HO 治安 警察 法) si oppose alle femministe e in particolare a quelle dell'associazione Seitōsha. Il codice di diritto civile del 1898 (Minpo) confermò la primogenitura maschile, la sottomissione della moglie al marito e il suo obbligo di accettare la concubina in assenza di un erede maschio.

Nel 1907 iniziarono le pubblicazioni della rivista femminista "Sekai Fujin" (Women of the World); ma l'ambizione delle ragazze venne considerata essere una minaccia per l'ordine della famiglia. Nel 1920, a seguito di un'indagine sulle condizioni delle lavoratrici nelle fabbriche tessili a Nagoya Raichō Hiratsuka (1886-1971) e Fusae Ichikawa (1893-1981) crearono l'"Associazione delle donne giapponesi". Essa reclamava, tra l'altro, l'abrogazione della legge del 1890; obiettivo che sarà raggiunto nel 1922.

Nel 1930 la femminista Kikue Yamakawa (1890-1980) si batté per l'indipendenza sociale delle donne e contro il dogma del patriarcato statale di assoggettamento delle madri.

Nei primi decenni del XX secolo quando Shidzue Katō (1897-2001) spinse per ottenere la disponibilità della contraccezione come parte di un ampio spettro di riforme progressiste. Shidzue continuò a servire nella Dieta nazionale del Giappone anche dopo la sconfitta dell'impero nella seconda guerra mondiale e la promulgazione - imposta dalla United States Armed Forces - della Costituzione del Giappone nel 1947.

Nel 1945 sotto l'Occupazione del Giappone da parte degli statunitensi le donne hanno ottenuto il diritto di voto, l'istruzione femminile e il diritto all'aborto (in caso di pericolo per la vita della madre). Nel 1947 venne promulgata la Costituzione del Giappone (Nihonkokukenpô); essa sancisce il principio della parità di genere nel settore dell'occupazione. Lo stesso anno la revisione del diritto di famiglia (Kazoku Ho Kaiser) istituzionalizzò la famiglia nucleare.

Nel 1972 il governo si rivolge alle donne per conciliare lavoro e vita familiare con la "Legge sul benessere delle donne che lavorano" (Kinro Fujin Fukushi ho).

Nel corso degli anni ottanta i temi femministi principali sono il riconoscimento del lesbismo, la flessibilità lavorativa, il sessismo presente dei mezzi di comunicazione di massa e la molestia sessuale. Nel 1981 il Giappone ha firmato la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW). Nel 1986 la patrilinearità viene abrogata e un anno dopo la legge sulle pari opportunità nel settore dell'occupazione (Danjo Koyo Kikai kinto HO 男女 雇用 機会 均等 法) viene promulgata.

Nel corso degli anni settanta il "Fronte di liberazione delle donne" è leader della lotta. Una delle sue militanti, Yayori Matsui (1934-2002) ha fondato, la "Corte Internazionale delle Donne per la repressione dei crimini di guerra", che giudicò nel 2000 il governo giapponese responsabile di crimini di guerra contro le "comfort woman" sfruttate e violentate dalle armate giapponesi durante la seconda guerra mondiale.

 

La scrittrice e poetessa giapponese Fumiko Hayashi.

Altre figure come Fumiko Hayashi (1903-51) e Sawako Ariyoshi (1931-84) illustrano le ampie ideologie del socialismo femminista giapponese che cerca di realizzare obiettivi più ampi piuttosto che celebrare i singoli risultati individuali di alcune donne di potere.

Le disparità salariali sono a tutt'oggi una delle questioni più importanti. Nel 1990, in media, una donna riceve un salario inferiore del 60% rispetto a quello di un uomo per un lavoro identico; le leggi esistono per combatterla ma nessuna penalità viene prescritta. Nel 1999 il governo ha adottato la "Legge quadro per l'holding congiunta di uomini e donne" la quale dovrebbe condurre ad un miglioramento della situazione vigente.

 

Australia e Nuova Zelanda

Entrambi i paesi maggiori dell'Oceania sperimentano una storia del femminismo in comune sotto molti punti di vista. Siccome l'arrivo degli europei fu più recente in questo continente rispetto agli altri, anche il femminismo nascente si ritrovò collegato ai problemi riguardanti gli australiani aborigeni nativi, compreso il loro posto nella società in fase di costruzione; pertanto la distinzione in tre grandi ondate come ai giorni nostri lo interpretiamo riferito agli altri paesi occidentali non è qui in esatto ordine cronologico e si può distinguere piuttosto in quattro fasi.

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