Cosa significa essere donna a Roma
Siamo nel 2022, nella Capitale. Eppure l’accesso a diritti fondamentali per le donne come quello all’interruzione di gravidanza o a una maternità priva di dolore sembrano ancora un miraggio. Il team di inchiesta di RomaToday si è occupato in diverse occasioni dell’essere donna a tutto tondo nella Capitale: dalle difficoltà alle ingiustizie subite.
Il calvario di chi vuole abortire a Roma
Alle 7 di mattina sono costrette ad attendere il loro turno sedute a terra, sotto le scritte che annunciano gioiose la venuta al mondo dei neonati partoriti nell’adiacente reparto di maternità. Le donne che devono abortire al San Camillo di Roma prendono il numerino alla portineria di neonatologia e restano in uno strano limbo finché qualcuno non si affaccia dallo scantinato, dove il reparto 194 è ubicato, per annunciare l’inizio del servizio. Arrivano all'alba per essere sicure di essere prese in carico. I posti infatti sono limitati e, come testimoniato dal video di Dossier, non sempre le cose vanno per il verso giusto.
La pillola gratuita è una chimera
Il tema della gratuità della pillola anticoncezionale è scoppiato dopo lo scontro tra le attiviste e Laura Boldrini. L’assessore alla Sanità regionale D’Amato annuncia l’investimento di 10 milioni di euro. Ma perché è così difficile accedere ai contraccettivi nel Lazio? A differenza delle regioni più virtuose, i consultori laziali non prevedendo la distribuzione di contraccettivi gratuiti neanche per le fasce più povere o per i giovani. Qui l’approfondimento.
Violenza ostetrica
Due parole che indicano tutti gli abusi psicologici, fisici o verbali subiti dalle donne durante il parto: procedure mediche rischiose e non necessarie, insulti, cesarei o altri interventi operati senza consenso, suture alla vagina senza anestesia. Si chiama violenza ostetrica, ma a perpetrarla sono anche ginecologi, anestesisti e altri operatori, in una sorta di “appropriazione dei processi produttivi femminili da parte del sistema sanitario. È come se una donna, una volta entrata in ospedale, non avesse più la facoltà di decidere sul proprio corpo e sul parto”, spiega Elena Skoko, fondatrice dell’Osservatorio italiano sulla violenza ostetrica (Ovo Italia). Secondo gli ultimi dati disponibili, raccolti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia ne è vittima circa una donna su quattro. Delle quasi 5mila donne intervistate quasi il 40% non si è sentito coinvolto nelle scelte mediche, una su tre ha rilevato una comunicazione poco chiara da parte del personale, una su quattro non ha ricevuto un trattamento dignitoso, mentre il 12,7% ha denunciato abusi. Qui l’inchiesta di Gabriele D’Angelo.
Gender gap
Si parla tanto di pari opportunità e di gender gap, ma cosa fanno le istituzioni concretamente per ridurre il divario di genere dentro e fuori i propri uffici? La sensazione è che per quanto le buone intenzioni non manchino, il tema si componga di troppe iniziative spot, frammentate che non riescono a creare un sistema funzionante e in grado di cambiare realmente la situazione delle donne. Per misurare il divario di genere servirebbero innanzitutto dei dati di qualità che non ci sono. Non basta sapere quante donne lavorano dentro un’istituzione, che posizione ricoprono, ma bisognerebbe anche capire quali strumenti hanno a disposizione quando si trovano ad affrontare uno di quei gradini che finora non hanno permesso di sfondare quel tetto di cristallo di cui tanto si parla. Maternità, molestie sul lavoro, conciliazione della vita privata e dei carichi familiari che risposte trovano quando si presentano? Perché le donne non sono la parte svantaggiata della partita, ma solo quelle che portano il carico più pesante nella loro carriera lavorativa. Qui il Dossier di Sara Dellabella.
Fonte: Roma Today
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