Arrestato il capo dei vigili di Trezzano: voleva incastrare con la droga la comandante di Corbetta
"Sì, è una bella liberazione, dopo una vicenda impensabile". Sospira Lia Vismara, comandante della Polizia locale di Corbetta. Aveva ragione lei. È stato Salvatore Furci, l'ex dipendente che aveva fatto licenziare nel 2019 (e da un mese comandante a Trezzano) a mettere tre grammi di cocaina sotto il tappetino della sua Daihatsu Terios. Ed è stato il complice Meriglen "Gheno" Memushi, 45enne albanese, a fare la telefonata al 112 che innescò, la notte tra il 3 e 4 gennaio del 2020, il controllo e poi la denuncia dei carabinieri di Bollate ai danni di Vismara. Così, almeno, scrive il gip Anna Magelli di questo "articolato piano criminoso": due le ordinanze cautelari per calunnia aggravata e detenzione di stupefacenti. Furci, 43 anni, calabrese di Gioia Tauro, ex ghisa dell'Unità contrasto stupefacenti di Milano, paga il suo desiderio di "consumare una sorta di vendetta nei confronti della Comandante". Senza esitare a smuovere conoscenze ("i miei canarini in Procura"), per aggiornarsi sulle indagini, come documentato dal lavoro della nona sezione della Squadra mobile, guidata dal commissario Gianni Di Palma e dal dirigente Marco Calì, e coordinata del pm Gianluca Prisco della Dda.
È stato il magistrato a non credere, per primo, a quello strano blitz nel parcheggio del Palarialdo di Baranzate, al termine dell'allenamento della squadra di pallavolo dove gioca Vismara. Troppo a colpo sicuro. E preceduto da decine di segnalazioni di Furci ai carabinieri di Paderno Dugnano, di Bollate, di Abbiategrasso. Già il 17 dicembre aveva suggerito un blitz, al termine di una "pizzata" tra amiche, segnalata al vigile calabrese dalla propria compagna, inserita nella chat delle pallavoliste. Ma il tentativo era andato a vuoto, nonostante la precisione della soffiata: "Dovrebbe averla messa dietro la spalliera del sedile lato guida". E allora Furci, dopo aver preso a bordo Memushi - come ricostruito da telecamere, chat e tabulati - aveva provveduto di persona, andando sul posto con la sua Cinquecento. Alle 21,15 un certo "Arjan" lanciava l'allarme: "Io fare una segnalazione perché sono incazzato con una signora. Io informatore. Vendere a una signora che non pagato droga. Lei ha detto portare qua a Baranzate. Signora Lia non pagato".
Voce camuffata, ma poi decifrata da una comparazione fonica della Sezione indagini elettroniche della Direzione centrale Anticrimine, diretta da Francesco Messina. Subito dopo, partivano i WhatApp di Furci agli amici: "Sta facendo gli allenamenti, se verrà fermata sarà bingo, soliti posti da controllare in macchina". Ora è a San Vittore, "ma la vicenda è più complessa di quanto appaia - obietta l'avvocato Paola Bonelli, che difende Furci col collega Gabriele Minniti - il mio assistito chiarirà la sua posizione".
I motivi dell'accanimento risalgono all'anno prima. Furci, allontanato per i sospetti di Vismara sulla sua condotta opaca - i pedinamenti della Mobile hanno documentato contatti con pregiudicati albanesi e slavi - gliel'aveva giurata. Nella chat dei vigili: "... e ricorda bene che io ho un jolly che tu ben sai... non tirare la corda... c'è un detto che dice 'morte mia morte tua...' non farmi fare il kamikaze...". Con gli amici: "La sua risposta è stata, no, ti licenzio. Le ho detto: questa è cattiveria". Per rivalersi, per sfogare la sua "forma di ossessione", come sottolinea il gip non esitava a sollecitare i suoi informatori, che chiamava "i miei canarini in Procura ". Oppure contatti con i giornalisti amici per "intessere campagne diffamatorie" e con i consiglieri locali dei Cinque Stelle, all'opposizione del sindaco Marco Ballarini di Forza Italia. Il quale, restato sempre a fianco di Vismara e bersaglio di numerose lettere anonime nell'ultimo anno, tira il secondo sospiro di sollievo: "Siamo vittime di un attacco di stampo mafioso. La cosa inquietante è che in Italia puoi essere fermato dalle forze dell'ordine e finire in un vortice incredibile. Siamo in Russia, in Corea? È questo che ci meritiamo?".
Fonte: la Repubblica Milano
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